Le lotte nella logistica hanno rappresentato, negli ultimi anni, l’unico argine allo sfruttamento indiscriminato, spesso perpetrato ai danni della forza lavoro migrante, più fragile e ricattabile, al caporalato, alla logica degli appalti e subappalti senza soluzione di continuità, agli affari della criminalità organizzata che pervadono il settore, alla carenza di diritti sindacali.
Gli scioperi e i picchetti, uniche armi in mano ai lavoratori, hanno ottenuto anche considerevoli vittorie, pagando a volte un prezzo altissimo, come è stato per gli omicidi di Adil e di Abd El Salam, investiti entrambi proprio durante dei picchetti davanti ai magazzini.
Se c’è un disegno criminale dietro a tutto questo è quello organizzato da chi vuole continuare a fare affari e profitti sulla pelle di chi lavora, spalleggiato anche dal governo che, con un colpo di mano, modifica pochi giorni fa l’articolo 1677 del Codice Civile, cancellando la responsabilità in solido del committente negli appalti.
Ci sentiamo complici e solidali con chi è al momento sottoposto a misure cautelari, rendendoci disponibili fin da subito a sostenere scioperi e iniziative di lotta che verranno proclamate. Lottare, scioperare, partecipare ai picchetti, strappare tavoli alle aziende per migliorare le condizioni di lavoro vuol dire semplicemente fare attività sindacale, conquistare diritti e tutele in un mercato del lavoro dove vige da troppo tempo la legge del più forte, dove lo sfruttamento è la misura del lavoro, dove le paghe non permettono più di arrivare alla fine del mese, dove i contratti a termine, il lavoro nero, il sommerso la fanno da padroni.
Aldo, Arafat, Carlo, Bruno, Ryad, Roberto liberi subito, la lotta non si arresta!