In linea generale, con il termine “lavoratori a partita IVA” si indica la categoria di soggetti che effettua, nei confronti di un altro soggetto, prestazioni di lavoro autonomo.
Per trovare una fonte normativa, si può far riferimento alla nozione di contratto d’opera fornita dagli art.dal 2222 al 2228 del Codice civile e quindi considerare lavoratore autonomo chi compie un’opera o un servizio richiesto da un committente con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione. In caso di prestazioni d’opera intellettuale si fa riferimento anche agli articoli 2229-2238 sempre del Codice civile.
Nella maggior parte dei casi le prestazioni di lavoro remunerate con partita IVA implicano lo svolgimento della propria prestazione lavorativa con modalità proprie del lavoro subordinato. Quindi, se il rapporto di lavoro è remunerato a partita Iva ma si osserva un orario di lavoro e/o non si possiede la proprietà dei mezzi con cui si lavora e/o si è sottoposti al potere disciplinare e/o si osservano delle direttive (anche di massima) sul lavoro da svolgere, ebbene è possibile agire giudizialmente per ottenere un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con tutte le differenze retributive tra quanto percepito e quanto previsto per la subordinazione.
Sempre più spesso però il lavoratore è costretto dal committente/datore di lavoro ad “aprirsi una partita IVA” per puro risparmio del costo del lavoro e per eludere gli obblighi e tutele previdenziali e assicurative ( versamenti INPS, iscrizione all’INAIL), in tutti questi casi siamo di fronte alle cosiddette “false partite IVA”.
La legge 92/2012 ( cosiddetta Riforma Fornero) , per contrastare quest’abuso , ha introdotto un cosiddetto “principio di presunzione”.
Nel merito La legge Fornero prevede che la presunzione di una falsa partita IVA si determini qualora l’attività del collaboratore con partita Iva sia contraddistinta da almeno due dei seguenti presupposti:
Di conseguenza in presenza di uno o più degli elementi predetti è possibile ottenere un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e le differenze retributive.
Dal momento in cui si apre la partita iva, per ogni prestazione effettuata si deve emettere fattura che, oltre al compenso pattuito deve contenere la rivalsa Iva (22 per cento) e la ritenuta d’acconto Irpef (20 per cento).
I redditi dei lavoratori con partita Iva sono classificati fiscalmente come redditi di lavoro autonomo.
Le spese sono interamente deducibili dal reddito solo se inerenti all’attività. Le spese relative all’acquisto di beni adibiti promiscuamente all’esercizio della professione e all’uso personale sono deducibili nella misura del 50 per cento.
Il reddito imponibile è tassato in sede di dichiarazione dei redditi (obbligatoria per i titolari di partita iva anche in caso di reddito zero) secondo il principio di acconto e saldo, applicando le aliquote progressive vigenti per scaglioni di reddito (Irpef, addizionali regionali e comunali).
Con la stessa dichiarazione dei redditi si dovrà versare l’Irap nella misura del 4,25 per cento per i redditi oltre 8.000 euro.
Il titolare di partita Iva è obbligato alla registrazione delle fatture su appositi registri (registro delle fatture emesse e registro degli acquisti) alla liquidazione trimestrale e/o mensile dell’Iva, nonché alla relativa liquidazione annuale.
Il regime dei minimi prevede l’esclusione di Iva, Irap, Studi di settore e relative dichiarazioni, tenuta delle scritture contabili. Rimane l’obbligo della presentazione della dichiarazione dei redditi Irpef (Mod. Unico).
I ricavi e i compensi relativi al regime dei minimi non devono essere assoggettati a ritenuta d’acconto e le fatture emesse dovranno recare la seguente dicitura:
“Prestazione svolta in regime fiscale di vantaggio ex art. 1 commi 96-117 legge 244/2007 come modificato da art. 27 del D.L. 98/2011 e pertanto non soggetta a IVA né a Ritenuta d’acconto ai sensi provvedimento direttore agenzia Entrate n. 185820”.
Dal 1° gennaio 2012 tale regime si applica per il periodo d’imposta in cui l’attività è iniziata e per i quattro successivi, ma non oltre il periodo d’imposta di compimento del 35° anno di età alle persone che:
L’imposta sostitutiva dell’imposta sui redditi e delle addizionali regionali e comunali è del 5%, a condizione che sussistano i seguenti requisiti (art. 1 commi da 96 a 99 legge 244/2007 )
Accedono al regime contabile agevolato coloro che, per effetto delle nuove disposizioni di cui all’art. 27 comma 3 D.L. 98/2011, fuoriescono dal regime dei minimi e che comunque hanno le seguenti caratteristiche:
Inoltre possono accedere al regime contabile agevolato i soggetti che, avendo le caratteristiche di cui ai commi 96 e 99 art. 1 della legge 244 del 24/12/2007, hanno optato per il regime fiscale agevolato per le nuove iniziative imprenditoriali (art. 13 legge 23/12/2000 n. 388).
I soggetti che si avvalgono del regime contabile agevolato sono esonerati dai seguenti obblighi:
Sono invece obbligati ai seguenti adempimenti:
Chi è in possesso di partiva Iva è obbligato ad iscriversi alla gestione separata Inps se esercita un’attività che non prevede l’iscrizione a un albo o a un ordine provvisto di cassa previdenziale specifica.
L’iscrizione è obbligatoria anche se si hanno contributi versati nel fondo dei lavoratori dipendenti: in tal caso c’è solo una riduzione dell’aliquota dovuta.
La contribuzione è a totale carico del lavoratore con partita Iva: egli ha la possibilità di addebitare nella fattura il 4 per cento del compenso lordo a titolo di rivalsa previdenziale.
LE ALIQUOTE CONTRIBUTIVE 2013 DEL FONDO GESTIONE SEPARATA
PRESTATORI DI LAVORO AUTONOMO OCCASIONALE senza altra copertura previdenziale obbligatoria | 27,72% |
PRESTATORI DI LAVORO AUTONOMO OCCASIONALE con altra copertura previdenziale obbligatoria titolari di pensione indiretta | 20% |
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