Focus

L’ Albo dei morti viventi

19 June 2017

Il sesto appuntamento di ST.O.P ci catapulta in un mondo particolare: dopo mille lavoretti per pagarti gli studi sei pronto per l’ingresso principale nel mondo del lavoro…ne siete sicuri? Una visita guidata nel mondo “horror” di chi, neolaureata, prova ad accedere a una professione.

di Vera Nabokov

“Ma guarda che non sei la sola, non bisogna lamentarsi, è il mondo del lavoro (baby). Tutti hanno lo stesso problema e tutti si accontentano”.

Maledetti anni ’80. Maledetta generazione dei nostri genitori cresciuti con la subdola ideologia lavorista dove il solipsismo e le spalline delle giacche hanno trionfato su qualsiasi possibilità di considerare il mondo del lavoro ripartendo dalla comunione d’intenti e volontà, senza spazi per un ‘economia non globalizzata ed il respiro soffocato delle mobilitazioni di massa.

Una si laurea, convinta che dopo dieci anni di lavoretti (come li definisce qualcuno) per pagartela, magari hai la possibilità di sfondare la porta principale del mondo del lavoro. Quello serio, riconosciuto e sostanzioso, magari. E invece eccola l’unica entrata possibile: la finestra dello sgabuzzino.

Con il pezzo di carta in scienze politiche seguo il sogno di essere una consulente del lavoro che abbia coscienza delle difficoltà esistenti e che per passione e per il sentire comune stia sempre dalla parte dei dipendenti. Dopo colloqui impossibili, con l’immancabile terzo grado su eventuali figli e matrimoni in vista, finalmente trovo lo studio dove iniziare il benedetto praticantato. Ed ecco la classica rappresentazione plastica : formula familiare in cui padre e figlia sono i titolari e se durante il colloquio avevi capito che il rimborso spese sarebbe stato di 400 euro ti ritrovi a firmare una fattura da 300 euro “perché abbiamo deciso così”. Dal lunedì al venerdì. Nove ore.
Ma forse avrò capito male io.

Dopo un mese iniziale ti iscrivi all’albo, confermando la tua tesi per cui buona parte del mondo dei liberi professionisti sia elitario fuori tempo massimo. Ma no non bisogna strizzare l’occhio all’atomismo egocentrico, ha ragione tua madre: non sei sola.

Davanti all’entrata  dell’Albo forse con un po’ d’emozione abbracci mentalmente tutti i tuoi amici che prima di te ci hanno provato. Gli amici pubblicisti che si pagano gli articoli facendo i camerieri la sera affinché siano riconosciuti i loro articoli, gli amici “avvocati” costretti ad x ore in ufficio come te e anche gli amici con cui hai passato gli ultimi anni nei negozi del centro commerciale. Perché chi più di loro comprende l’alienazione post fordista?

Inevitabile l’amara conclusione. Perché non riusciamo a creare un movimento di massa, con quegli sguardi fulminei, orgogliosi, irreprensibili spesso non calcolati da chi avrebbe dovuto tutelarlo il lavoro?
Ma forse sono io che sono polemica. Forse non valuto il mostro della lotta di classe impossibile.

Ed io che pensavo di imparare, mi ritrovo ad essere una segretaria, archivista, assistente personale che ti va in farmacia, porta i caffè, che ti va pure al bar per il cornetto, alla posta, che ti fotocopia i documenti per la dichiarazione costretta nel tempo che rimane ad aprire il “librone”, (un mastodontico libro con le schede riassuntive di 171 CCNL per leggere, studiare, capire)ed ingozzarsi di circolari Inps e normative.

Inoltre ti ritrovi anche ad essere protagonista del Signor Malaussene di Pennac, il capro espiatorio, per qualsiasi nervosismo. A tratti persino psicologa.

Ma forse avrò capito male io, che ho lavorato nella ristorazione per anni, nei centri commerciali accettando qualsiasi turno, paga, orario, pensando che il praticantato mi avrebbe riconsegnato le fatiche dello studio, che “quella felicità che mi era sempre stata negata” per dirla alla Cacucci, me la sarei ripresa.

Ma forse , avevo capito male io.