News

Organizzare la convergenza delle lotte

16 June 2016 |  Clap

Roma 25 giugno – Primo Meeting nazionale delle Camere del Lavoro Autonomo e Precario ::

Tra l’estate e l’autunno del 2013 nascono, a Roma, le Camere del Lavoro Autonomo e Precario (CLAP). Nascono in tre spazi autogestiti, e si connettono in una comune associazione sindacale. Gli spazi sono: la fabbrica recuperata Officine Zero (Casal Bertone), l’atelier autogestito Esc (San Lorenzo), lo studentato autogestito Puzzle (Tufello).

CLAP difende lavoratrici e lavoratori senza tutele, quelle/i escluse/i dal welfare, il lavoro che nessuno difende, quello precario, intermittente e autonomo (partite Iva con bassi redditi, freelance, ecc.), chi il lavoro lo perde, chi lavora – magari anche con contratti “stabili” – e non viene pagato. E lo fa provando a connettere tre funzioni che, nella crisi dei sindacati tradizionali, tendono sempre più alla scomposizione: servizio, organizzazione, mutualismo. In primo luogo la consulenza e l’assistenza legale, per vertenze collettive come per quelle individuali, e quella fiscale, per lavoratori autonomi e associazioni. In secondo luogo, quando la vertenza lo consente, l’avvio di una vera sperimentazione organizzativa: dai picchetti all’articolazione della campagna comunicativa, alla conquista del tavolo negoziale. In terzo luogo il mutualismo, che significa formazione fiscale e sul diritto del lavoro, “casse di solidarietà” e mutualismo delle lotte.

In tre anni di attività, sono almeno 5 gli assi lungo i quali si sono addensate vertenze e conflitti, a volte molecolari, a volte assai robusti (pensiamo al ciclo di lotte delle lavoratrici e dei lavoratori dell’accoglienza), ma tutti paradigmatici. Lotte spesso agite in combinazione con il processo dello Sciopero Sociale, italiano e transnazionale, la “Coalizione 27 febbraio”, ALA (Assemblea Lavoratori dell’Accoglienza). Riassumiamo schematicamente:

1. Lavorare nella Sanità. Mentre l’ultima Legge di stabilità ha sancito un taglio alle spese sanitarie di 15 miliardi in 3 anni, si estende la maglia delle Sanità privata, in particolare di quella integrativa. Nel Lazio parliamo del 70% circa della Sanità pubblica: fondi pubblici, commisurati ai posti in convenzione e alla capacità produttiva, ma gestione privata della forza-lavoro. Parliamo di lavoro altamente qualificato, ma pagato sempre meno, spesso in ritardo. Al rapporto di lavoro di tipo subordinato si è sostituito, in percentuali fuori controllo, la collaborazione con partita Iva. Spesso la partita Iva è “agita” dal lavoratore, molto più spesso è subita e gli indici di subordinazione del rapporto sono sfacciati. Di più, ai ritardi nei pagamenti della prestazione possono accompagnarsi veri e propri buchi o mancati pagamenti. Per un anno, a volte di più. Il committente pubblico, in assenza di lotte, finge di non vedere, se vede non si muove. E il lavoratore fatica a incrociare le braccia: il lavoro di cura è in primo luogo una relazione, difficile da rompere. I datori lo sanno, promettono e sfruttano senza posa.

2. Terzo settore. C’è una altra faccia di Mafia Capitale, quella che non interessa alla stampa che conta: il lavoro non pagato, o pagato con enorme ritardo, nelle Cooperative sociali che si occupano di prima e seconda accoglienza. A Roma il caso ha raggiunto un’estensione drammatica, ma forse è tema nazionale. L’esternalizzazione dei servizi sociali ha ridisegnato il welfare urbano, e questo è vero da tempo. Nella crisi, però, il Terzo settore ha dato il meglio di sé, spostando l’asticella dei diritti di chi nel sociale lavora da poco a quasi nulla: non solo l’Expo di Milano, ma la Capitale e i suoi servizi sono tenuti a galla dal free job. Ammortizzare i tagli significa, per la maggior parte, pagare tardi o mai operatori e assistenti sociali, educatori, mediatori, psicologi, assistenti legali. Anche in questo caso forza-lavoro molto qualificata, spesso giovane. Anche in questo caso, è fatica incrociare le braccia o fronteggiare la Cooperativa. Nel Terzo settore, che è sempre lavoro di relazione e di cura, saltano i confini, la densità affettiva conquista la scena produttiva. Rompere la “comunità” e aprire la lotta significa affrontare tensioni durissime, in primo luogo con sé stessi, poi con gli utenti, che non sempre capiscono o accettano.

3. Lavoro autonomo. Secondo l’ISFOL, i professionisti autonomi e i freelance che non sono imprenditori e non hanno dipendenti sono 3,5 milioni, e producono il 18% del PIL. Ma è nell’inchiesta svolta recentemente da Daniele Di Nunzio ed Emanuele Toscano che troviamo dati importanti: il 57,8% di un campione di 2210 autonomi guadagna fino a 15 mila euro lordi all’anno; il 13,2% tra i 15 e i 20 mila euro, il restante 28,9% più di 20 mila euro. Il pregiudizio, tenace, risponde: no, si tratta di finte partite Iva, di lavoro dipendente mascherato. Vero, ma solo in piccola parte. Scavando tra i numeri, emerge una verità assai scomoda, tanto per il sindacato quanto per l’auto-percezione del lavoro professionale e della conoscenza: gli autonomi sono componente significativa dei contemporanei working poor. Affermazione che vale per freelance e professionisti atipici, così come per le professioni degli ordini (avvocati, giornalisti, architetti, ecc.), un tempo contraddistinte da redditi alti e prestigio sociale. Non soltanto, infatti, crollano i compensi o aumentano i ritardi nei pagamenti; ad aggravare la situazione ci sono tanto l’accanimento fiscale e previdenziale quanto l’esclusione dal welfare (malattia, ammortizzatori sociali, ecc.). Il mondo degli autonomi, seppur segnato da alti livelli di formazione, si scopre tra i più fragili, economicamente e socialmente.

In questo scenario, non possiamo tacere sull’ulteriore recrudescenza del lavoro precario “camuffato” da prestazione autonoma (o cosiddetto «lavoro accessorio»), e il conseguente restringimento delle tutele e dei diritti operata attraverso i voucher. Leggendo i dati dell’Osservatorio sul precariato dell’INPS, nel primo trimestre del 2016 i voucher hanno raggiunto un nuovo record: +45%, ovvero una crescita del 75,4% rispetto al 2014. In sette anni sono stati utilizzati oltre 162 milioni di voucher, la gran parte di essi con un valore nominale di 10 euro: 7,5 euro di retribuzione netta e 2,5 di contributi INPS e INAIL. Questi dati ci confermano come i voucher siano la forma prevalente del lavoro precario: una condizione che, sempre di più, sembra configurarsi come un caporalato legalizzato.

4. Logistica. Portato alla ribalta dalle straordinarie lotte animate da ADL – COBAS e SI – COBAS nel Nord Est e in Emilia, il settore della logistica, così strategico per i processi contemporanei di valorizzazione capitalistica, continua a essere decisivo per quanto riguarda l’organizzazione del lavoro scarsamente sindacalizzato. A Roma, la vertenza dei lavoratori del CAR di Guidonia, segnala che al conflitto con il datore si possono accompagnare processi di autonomia nell’organizzazione della prestazione, anche attraverso un uso antagonistico e democratico della forma Cooperativa. Sicuramente un esperimento parziale e situato, ma utile per continuare il confronto su un terreno di lotta che ci riserverà ancora sorprese importanti.

5. Lavoro migrante. Aiutiamoci, ancora, con i numeri. I posti di lavoro perduti in Italia durante la crisi, tra il 2008 e il 2014, sono 954 mila. Si tratta, chiaramente, del saldo fra le perdite di alcune categorie di lavoratori e gli incrementi di altre. I lavoratori di nazionalità italiana hanno perso 1 milione e 650 mila posti, ma i lavoratori stranieri ne hanno guadagnati circa 700 mila. I lavoratori relativamente giovani (under 45) hanno perso 2 milioni e 700 mila posti, ma quelli relativamente vecchi (over 44) ne hanno guadagnati quasi 1 milione e 800 mila. E dentro ciascuna di queste categorie, le donne occupate sono sempre andate meglio dei maschi. Più migranti, più anziani, più donne: i tratti caratteristici della modificazione strutturale del mercato del lavoro italico. I migranti, in particolare, conquistano la scena un po’ ovunque, a Sud, dove sono oltre il 90% della forza-lavoro agricola, come a Nord. A Roma, oltre che nei cantieri edili, si addensano nella ristorazione e nel commercio. Spesso senza contratto, quasi sempre pagati meno degli italiani (con obbligo a restituire parte del salario al datore, affinché quest’ultimo ammortizzi le tasse), molto spesso non pagati, se non maltrattati.

Dopo 3 anni, CLAP va oltre Roma. Da marzo, a Padova e Napoli, sono nate nuove Camere del Lavoro Autonomo e Precario. Un salto di qualità di straordinaria importanza, che segnala la necessità, non più rinviabile, di sperimentare nuovi dispositivi di organizzazione del lavoro non sindacalizzato. Un’estensione, sul piano nazionale, che impone da subito la ricerca di forme federative all’altezza della sfida: se politicizzazione del sociale e nuova dimensione orizzontale dello strumento sindacale, non possiamo non mettere al centro i territori metropolitani con le loro irriducibili differenze! Ed estensione che porta con sé anche un allargamento significativo degli assi di inchiesta e di organizzazione: dal mondo della ricerca precaria nelle università alla disoccupazione giovanile del Sud, tra politiche attive e ricatto.

Il 25 giugno pomeriggio (a partire dalle 17) ci troveremo a Roma presso Esc, attivisti e lavoratrici/lavoratori iscritte/i, per discutere di tutto questo e provare a rispondere alla seguenti domande: quali campi di comune intervento, oltre e contro la frammentazione categoriale del lavoro e dei diritti? quali “arnesi” comunicativi per dare forza alle lotte del lavoro? quali campagne unitarie sviluppare, declinandole di volta in volta nei diversi territori che abitiamo?

A completamento dell’assemblea pubblica, una fondamentale tavola rotonda (ore 21) sull’orizzonte transnazionale delle lotte, con un focus sulle straordinarie mobilitazioni francesi di questi mesi. Animeranno la discussione: attivisti di SUD – Solidaire, della Coordination des intermittents et précaires, Toni Negri per il collettivo EuroNomade.

Per info: www.clap-info.net; info@clap-info.net

«un torto fatto a uno di noi è un torto per tutti»