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Il lavoro si paga, il lavoro si tutela

25 February 2016 |  Clap Roma

L’altra faccia di Mafia Capitale. Gli operatori dell’accoglienza senza stipendio da un anno. Un’interdittiva antimafia ha commissariato i progetti, revocati altri. Nessuna risposta dalle istituzioni. Le lavoratrici e i lavoratori della cooperativa “Un sorriso” scrivono al prefetto di Roma Franco Gabrielli. Manifesteremo “sotto i suoi uffici il primo marzo, giornata di mobilitazione contro lo sfruttamento del lavoro migrante” (qui la storia).

Egregio Prefetto di Roma Franco Gabrielli,

siamo lavoratrici e lavoratori della Cooperativa sociale “Un Sorriso”, che gestiva e gestisce diversi progetti in appalto con amministrazioni locali e Ministero dell’Interno, a Roma e in altre regioni del Sud Italia (Basilicata, Puglia). Siamo “quelle” e “quelli” di Tor Sapienza: sicuramente ricorderà bene quelle settimane drammatiche, che hanno scosso noi e i giovani migranti ospiti quanto l’opinione pubblica. Lasciamo alla cronaca (di allora) l’onere dei dettagli.

Da allora è passato oltre un anno, si sono accumulati mesi di spettanze non pagate, e, nonostante le mobilitazioni in difesa dei nostri diritti, la situazione si è oggi aggravata con la perdita del posto di lavoro.

Cosa è successo? Perché? Di chi le responsabilità?

Ce lo chiediamo da tempo, cercando con tenacia interlocutori istituzionali in grado di darci risposte. Rispondere a tali domande, in verità, sarebbe molto semplice, se tutti partissero da un assunto elementare: il lavoro si paga, il lavoro si tutela. Ma ciò che dovrebbe essere scontato, nell’epoca infelice che ci tocca in sorte, non lo è. Soprattutto se ci si addentra nel mondo opaco e vischioso dei servizi sociali esternalizzati, del Terzo settore, dove gli attori coinvolti, committenti pubblici ed enti gestori, non fanno altro che scaricare l’uno sull’altro colpe e responsabilità.

Lo è ancora meno nel vacuum politico lungo il quale si avvita Roma in questi mesi. Per quanto ci riguarda, come Lei sa bene, alla gestione commissariale della città si è accompagnata l’interdittiva antimafia che ha colpito la Cooperativa lo scorso ottobre ed è divenuta effettiva nel mese di dicembre: commissariati alcuni progetti, revocato lo SPRAR. Conseguenze? Chi da mesi lavorava senza percepire stipendio, chi da mesi chiedeva risposta al Dipartimento Politiche sociali, si trova, al momento, di fronte al baratro del licenziamento collettivo. Mentre la Cooperativa mantiene intatti i propri organi direttivi e nessuno, neanche il Commissario da lei nominato, si occupa di sanare la ferita delle spettanze non pagate.

Vale la pena precisare: non siamo stati fermi in questi mesi. Durante l’estate dello scorso anno abbiamo avviato un percorso di sindacalizzazione e di lotta – con le Camere del Lavoro Autonomo e Precario – che ci ha portato, fin dal 24 settembre, alla denuncia della insostenibile condizione in cui ci siamo trovati noi e gli ospiti dei servizi, causata dalle inadempienze del nostro datore di lavoro e della sua principale stazione appaltante. La mobilitazione ha permesso di rendere pubblici diversi aspetti comuni al sistema romano dell’accoglienza, raccontati finalmente da chi per anni ne ha dovuto subire silenziosamente i ricatti e le dinamiche mafiose. Le nostre iniziative hanno comportato l’apertura di un tavolo con la Direzione Accoglienza e Inclusione.

Un tavolo che, nonostante le dichiarazioni della ex Assessora Danese, non ha saputo offrirci soluzioni. Dunque, mentre la Giunta Marino veniva meno e la situazione per gli ospiti e i lavoratori precipitava, abbiamo ottenuto l’apertura di una procedura negoziale da parte dell’Osservatorio del Lavoro, istituto che ha avuto la capacità, almeno in un primo momento, di imporre un confronto tra tutte le parti in gioco, compresa la Cooperativa. Poi il commissariamento, e anche lo spiraglio aperto dall’Osservatorio del Lavoro si è chiuso. Quindi il triste bilancio: fino a 7 mesi di stipendi non pagati, crisi occupazionale. Un vero accanimento, è difficile descriverlo altrimenti. Accanimento nei nostri confronti, accanimento nei confronti dei richiedenti asilo ospitati nel centro SPRAR. La Cooperativa “Un Sorriso” è stata commissariata, i lavoratori hanno perso il posto e i migranti sono stati spostati come pacchi in altre strutture, nella maggior parte dei casi ancora più fatiscenti delle precedenti.

Parliamo di noi, egregio Prefetto, ma ribadiamo che la nostra vicenda parla, più in generale, del dramma dell’accoglienza, a Roma e non solo. Un business, fatto spesso di corruzione, quasi sempre di sfruttamento del lavoro, tra contratti illegittimi e sommerso, stipendi pagati tardi o mai. Affari sulla pelle dei migranti e di chi lavora, su chi il servizio lo presta e chi ne fruisce.

Tutto questo va fermato. Ci rivolgiamo a Lei, perché riteniamo che il Suo intervento sanzionatorio sugli enti coinvolti in “Mafia Capitale”, come la Cooperativa “Un Sorriso”, debba tener conto delle conseguenze dello stesso sui lavoratori e sui fruitori dei servizi coinvolti, armonizzandosi con altre misure capaci di tutelare davvero questi soggetti. Ci rivolgiamo a Lei, affinché questo intervento sia veramente funzionale al ripristino di un sistema di accoglienza in grado di rispondere ai bisogni di chi vi accede o vi presta opera.

Il nostro caso rende evidente come non bastino interdittive e commissariamenti, se non si fa nulla per far rispettare i contratti collettivi nazionali, se non si impone la clausola sociale nei bandi e negli appalti e, soprattutto, se non si provvede a pagare gli stipendi a chi lavora.

Abbiamo scelto di venire sotto i Suoi uffici il Primo marzo, giornata europea di mobilitazione contro lo sfruttamento del lavoro migrante, per ribadire che la tutela dei diritti di chi lavora nell’accoglienza non è scindibile da quella di chi è accolto. Saremo insieme a tanti altri: migranti, operatori sociali, associazioni e comitati. Saremo lì e Le chiediamo fin da ora di essere ricevuti, per poterLe raccontare dal vivo, per ottenere quanto prima soluzioni concrete. Lo chiediamo a Lei, dopo averlo chiesto alla Subcommissaria Vaccaro lo scorso 4 dicembre. Non ci ha mai risposto.

Riteniamo che le motivazioni per incontrarci siano numerose, pertanto Le chiediamo di dare un segno di discontinuità.

Nel ringraziarla, la salutiamo cordialmente.

Fonte: il manifesto