In questi giorni, anche in Italia, stiamo assistendo a imponenti mobilitazioni in sostegno delle partenze della Global Sumud Flotilla, diretta verso Gaza. Le iniziative solidali si moltiplicano in tutta la penisola, a testimonianza di una crescente partecipazione civile.
Non è la prima volta che una flottiglia tenta di rompere l’assedio. Ricordiamo la Mavi Marmara, attaccata nel 2010 dal governo israeliano, con un bilancio di 12 vittime, così come le missioni tra il 2011 e il 2018. Più di recente, negli ultimi due anni le imbarcazioni Handala e Madleen hanno sfidato il blocco navale per consegnare aiuti, venendo però sequestrate con la forza in acque internazionali.
La Global Sumud Flotilla rappresenta oggi la più grande missione civile internazionale mai organizzata per rompere l’assedio marittimo di Gaza e portare aiuti umanitari alla popolazione palestinese. È composta da diversi soggetti internazionali, tra cui il Global Movement to Gaza, la Freedom Flotilla Coalition, il Maghreb Sumud Convoy e Sumud Nusantara. Le prime navi sono salpate dalla Catalogna e da Genova, cariche di oltre 300 tonnellate di aiuti. Nei prossimi giorni partiranno altre imbarcazioni dalla Tunisia, dalla Grecia e dalla Sicilia. Tutte si ritroveranno in acque internazionali per procedere insieme verso Gaza, con arrivo previsto a metà settembre. La flottiglia conta tra le 40 e le 50 imbarcazioni, con delegazioni provenienti da 44 Paesi e con oltre 500 partecipanti, tra attivisti, parlamentari e volontari.
Sumud significa resistenza e determinazione: per i palestinesi equivale al diritto di vivere in pace nella propria terra, per noi tutte/i corrisponde a dare corpo al nostro desiderio di pace. L’iniziativa, concepita come un atto di resistenza civile e non violenta, nasce come risposta collettiva alla drammatica condizione di isolamento e carestia imposta dal governo israeliano di Netanyahu. Si tratta di un concreto atto di diplomazia “dal basso” che colma un vuoto lasciato dall’assenza delle iniziative istituzionali internazionali, compreso il grave immobilismo dell’attuale governo italiano. L’obiettivo, dunque, è rompere l’assedio, richiamare l’attenzione internazionale e sostenere la popolazione palestinese con aiuti umanitari, trasformando il sentimento di impotenza in azione, promuovendo solidarietà globale verso la popolazione palestinese.
Come ricorda Francesca Albanese, relatrice speciale ONU sui territori palestinesi, nel suo rapporto From economy of occupation to economy of genocide, lo sfollamento dei palestinesi non è soltanto una strategia militare genocida, ma un progetto coloniale.
La flottiglia diretta verso Gaza parla della capacità dei movimenti sociali di contrastare la corsa al riarmo allo scopo di rilanciare politiche di pace, giustizia e convivenza.
Sumud, però, è anche il sogno e la speranza di un altro mondo possibile. Entrambi urgenti e necessari negli attuali contesti di guerra.
La guerra in Medioriente, infatti, è solo un tassello di un contesto di guerra più ampio, posto continuamente sull’orlo di un ulteriore possibile allargamento. Accanto ai diversi teatri militari, la guerra è oramai entrata pienamente anche nella nostra quotidianità. Le politiche di riarmo, il riorientamento di capitoli della spesa pubblica e del welfare a favore della difesa, la ristrutturazione di interi comparti produttivi, la derubricazione di politiche concrete ed efficaci a sostegno dell’aumento dei salari, sono solo una parte degli effetti di un regime di guerra che concretamente rischia di imporsi nelle nostre vite.
Buon vento, allora, alla Global Sumud Flotilla!