Oggi 21 Luglio, nella giornata dell’Assemblea Nazionale convocata del basso da lavoratrici/tori dell’arte e dello spettacolo, abbiamo occupato uno spazio pubblico, l’ex-Circolo degli Artisti destinato alle arti dal vivo, simbolo di socialità e chiuso da anni, per convocare un’assemblea aperta alla città e a tutt^ coloro che lavorano nel campo delle arti performative, della cultura, del cinema, dell’università, della scuola, dell’editoria, dei beni culturali. La cultura in questo paese è sotto attacco, e chi ci lavora sempre più precari^ e vulnerabile.
Dalle 16:00 assemblea cittadina e dalle 19.00 si svolgerà online l’assemblea nazionale – 16 città hanno organizzato assemblee in presenza, che si svolgeranno simultaneamente nel corso della giornata. È l’inizio di una nuova fase di mobilitazione, che si espande anche a livello nazionale e che vuole parlare oltre il settore culturale.
Occupiamo questo spazio per ribadire che la cultura non è un privilegio delle élite, ma un diritto di tutte e tutti e che per questo deve essere sostenuta e finanziata pubblicamente; che la cultura è un lavoro, non solo una passione, e che deve essere retribuito e sostenuto con forme di welfare. Ogni forma di controllo e di manipolazione sulle forme, i contenuti e le estetiche delle nostre opere e delle nostre pratiche è inaccettabile. Questo Governo e questo Ministero intendono imporre la loro visione del mondo – odiano la trasformazione, tutto ciò che è molteplice, i mondi futuri e futuribili che i nostri lavori prefigurano e che i nostri corpi già praticano in reti di alleanze materiali. Il messaggio è chiaro: i temi di cui occuparsi sono Dio / Patria / Famiglia. Denunciamo i tagli e i declassamenti effettuati dalle Commissioni contro teatri, festival, compagnie e progetti di formazione che da anni animano l’ecosistema culturale del paese, e che offrono migliaia di posti di lavoro ad artiste, tecniche, addetti alla comunicazione, curatrici, grafici, videomaker, fotografi, studiose. Si stima una perdita tra le 30.000 e le 50.000 giornate lavorative, in uno scenario di precarietà sistemica che segnaliamo da anni. A fronte di questo licenziamento di massa l’unica risposta possibile è occupare i luoghi del lavoro. Ce lo hanno insegnato le lotte del passato e quelle del presente, i collettivi di fabbrica, la GKN.
Liberiamo temporaneamente questo pezzo di città anche per riaffermare la necessità di politiche culturali a Roma in grado di valorizzare il ricco ecosistema artistico che la città esprime e fare fronte agli attacchi delle destre. Se questa vivacità sopravvive è grazie a spazi indipendenti, reti informali e circuiti che resistono fuori dalle logiche dell’intrattenimento mainstream, non certo grazie al farraginoso sistema di bandi, di cui da anni dichiariamo le criticità. Da che parte sta l’amministrazione comunale? È tempo di un segnale chiaro.
Quelli contro il mondo dello spettacolo sono attacchi mirati e vendicativi, che rivelano la loro natura ideologica. Come ha ben evidenziato il rapporto C.Re.S.Co. – Coordinamento delle Realtà della Scena Contemporanea, presentato recentemente alla Camera, la domanda per il finanziamento pubblico ha accentuato i criteri quantitativi, svilito il respiro internazionale e di fatto cancellato il valore del rischio culturale, che “è tra le ragioni fondanti del finanziamento pubblico alla cultura, ciò che le permette di distinguersi dal mero intrattenimento commerciale”.
Oggi occupiamo perché non esiste un Anno Zero della cultura, come vorrebbe il ministro Giuli. Siamo nell’anno 2025 e rigettiamo le visioni messianiche e egemoniche del Ministro.
Occupiamo questo spazio per riaffermare la nostra opposizione al riarmo, all’economia bellica, al prelievo di risorse dai settori del welfare e della cultura per finanziare guerre, occupazioni, genocidi, e tutti i progetti imperialisti che abitano le menti distopiche degli oligarchi. Siamo con la Palestina, dal fiume fino al mare, e oltre.
Occupiamo in complicità con le precarie delle università, con gli insegnanti delle scuole, con le lavoratrici dei beni culturali, dei musei, dei siti archeologici, perché ci è chiaro il processo di smantellamento materiale e simbolico dei settori arte-scuola-cultura che questo governo sta operando congiuntamente.
L’attacco al pensiero critico in tutte le sue forme e infrastrutture, le politiche coloniali filosioniste e la crisi socio-ambientale, i decreti sicurezza e lo stato di precarietà di tanti lavoratori e lavoratrici: i piani sono tutti collegati – e disegnano però le nostre alleanze, che stiamo già iniziando a costruire.
Denunciamo lo stato di disastro culturale. Questa azione non è che l’inizio di una intensa stagione di scioperi, di ricorsi e di mobilitazioni, di occupazioni di teatri, musei, scuole e università su scala nazionale. Siamo inviperite: contro tagli e guerre, i nostri corpi desideranti!
Vogliamo Tutt’Altro assemblea di lavorat^ dell’arte e dello spettacolo in lotta