Da settimane in tutta Italia è stato diffuso un appello dell’associazione Mi Riconosci! per la costruzione di un percorso che porti allo sciopero generale del settore culturale, settore in cui la precarietà è grosso modo strutturale e per gran parte dei lavoratori e delle lavoratrici spesso inevitabile
Bibliotecari/e ,educatori e educatrici museali, artisti/e, tecnici/he, impiegati/e del cinema e dello spettacolo dal vivo, guide turistiche, archelogi/he, archivisti/e restauratori/trici e tante altre diverse professionalità che vivono sulla propria pelle bassi salari, assenza di diritti ed estrema ricattabilità: si tratta di centinaia di migliaia di lavoratori e lavoratrici soggetti, a causa dell’infame sistema degli appalti e delle gare a ribasso, a salari da fame (spesso quasi sotto al livello di povertà) a essere inquadrati/e come false partita IVA, a forme di caporalato da parte delle cooperative, a part time involontario e a sacche di lavoro grigio e nero con altissime percentuali.
Di fronte al quadro appena delineato le giuste rivendicazioni di questi/e lavoratori e lavoratrici vengono depotenziate dalla frammentarietà delle forme lavorative che isolano i lavoratori e le lavoratici, dal mancato riconoscimento delle proprie attività professionali e dalla ricattabilità e spesso addirittura silenziate anche dagli effetti della legge 146 che considera i beni culturali servizi pubblici essenziali, ultimo passaggio di un attacco complessivo portato avanti nei confronti del settore.
Dal 2020 come CLAP seguiamo e intrecciamo i nostri percorsi di sindacalizzazione con i lavoratori e le lavoratrici del settore che proprio a partire dal ciclo di lotte del periodo pandemico hanno imparato che niente è impossibile e che la conquista di ogni diritto corrisponde alla possibilità di migliorare ancora la propria condizione lavorativa.
Anche per queste ragioni, ancora una volta crediamo sia fondamentale investire nello strumento dello sciopero, uno strumento che va affilato e sperimentato nelle sue diverse declinazioni. Scendiamo quindi in campo per rompere insieme il tabù di uno sciopero generale della cultura, affinché venga rafforzato il finanziamento pubblico al settore (già tra i più bassi di tutta Europa), per reinternalizzare i servizi oggetto di privatizzazione per mezzo di gare di appalto , per migliorare i CCNL dei vari comparti recuperando il reddito eroso dell’inflazione.
In una fase come quella attuale, in cui i venti di guerra e la spinta verso il riarmo continentale punta al trasferimento di risorse dai salari e dal welfare verso l’industria bellica, ci sembra ancora più urgente battersi per aumentare i finanziamenti alla cultura e allo spettacolo e tentare di essere un freno alla follia bellicista che anima i governi europei.
Sappiamo che la strada da percorrere è lunga ma siamo convinte/i che aprire “laboratori di sciopero”, restituire lo strumento sindacale alle figure più precarie e ricattabili, costruire percorsi di riconoscimento, alleanza e mutualismo tra i soggetti che subiscono il maggior livello di sfruttamento sia l’unica direzione da intraprendere.
Parteciperemo quindi alle assemblee e ai momenti di costruzione dello sciopero, mettendoci a disposizione per il confronto con tutte le realtà sindacali, le associazioni e i collettivi e i singoli lavorator-trici che decideranno di accettare questa coraggiosa sfida.