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8 marzo 2024: scommessa vinta, grande successo dello sciopero

12 March 2024

#8M 2024: 40 piazze in Italia con cortei, azioni, mobilitazioni di differente natura. La scommessa lanciata da Non Una Di Meno ha ampiamente confermato la potenza del movimento transfemminista globale. Per l’ottavo anno consecutivo, lo sciopero generale dal lavoro produttivo e riproduttivo, dai consumi e dai generi, contro la violenza patriarcale, a pochi mesi dalla straordinaria marea di 1 milione di persone del 25 novembre scorso. [immagini di Milos Skakal]

#8M 2024: 40 piazze in Italia con cortei, azioni, mobilitazioni di differente natura. La scommessa lanciata da Non Una Di Meno ha ampiamente confermato la potenza di un movimento transfemminista globale che, per l’ottavo anno consecutivo, convoca lo sciopero generale dal lavoro produttivo e riproduttivo, dai consumi e dai generi, contro la violenza patriarcale, dopo pochi mesi dalla straordinaria marea di 1 milione di persone del 25 novembre scorso.

La piazza romana, in particolare, costruita, attraversata e fatta vivere anche dal nostro sindacato, scegliendo il corteo mattutino (un respiro collettivo di 30mila persone) e il partecipato presidio pomeridiano/serale con la riappropriazione delle vie del centro di Roma, ha voluto ribadire con forza la centralità della violenza economica nelle nostre vite, mettendosi in dialogo con le vertenze collettive che nella capitale si stanno esprimendo negli ultimi mesi e mettendosi a disposizione di singole e singoli che hanno scelto di astenersi dalle proprie attività quotidiane.

E’ un risultato importante che va segnalato, in un paese cupo, “in guerra”, nella congiuntura del disegno multipolare mondiale, sulle frontiere di terra e mare, attraverso le forme di confinamento e militarizzazione di corpi, territori, comunità umane.

L’8 marzo abbiamo scioperato contro la guerra, per il cessate il fuoco, per una politica di pace, al fianco delle donne palestinesi, kurde, iraniane e camminando accanto a quant3 si oppongono alle politiche genocide dello Stato di Israele. Abbiamo scioperato contro le politiche belliciste del nostro Governo denunciando accordi economici, militari e di controllo delle migrazioni che diffondono morte nel mondo e articolano i regimi del lavoro produttivo e riproduttivo. Abbiamo scioperato contro la violenza sistemica e strutturale e le molteplici linee di oppressione che gravano su donne e libere soggettività e gerarchizzano l’accesso ai diritti sociali e civili, inasprendo disuguaglianze secondo genere, generazione, cittadinanza, abilità, territori, classe. Abbiamo scioperato contro il Governo Meloni ed i suoi provvedimenti legati al merito, alle politiche su famiglia e natalità, ad un orientamento sovranista e fortemente autoritario, sottolineando, in particolare, lo squilibrio strutturale esistente nel mercato del lavoro, nonostante l’enfasi posta, anche nelle retoriche, sulla parità di genere, sul potenziamento delle politiche attive e del capitale umano, sugli incentivi alle imprese, sugli investimenti che dovrebbero creare nuova occupazione.

Docenti e personale scolastico, educatrici, oepa, ricercatrici, operatrici delle politiche attive, dipendenti di ministeri ed enti pubblici e partecipati, operatrici sociali e dei centri anti violenza, lavoratrici dello spettacolo e della cultura, caregiver e lavoratrici del privato hanno scioperato, proprio in una congiuntura in cui anche il diritto di sciopero è sotto attacco, per ribadire che la pandemia, così come la guerra, hanno messo e mettono in evidenza ancora di più l’irriducibilità dei profitti con la riproduzione della vita stessa e che non può esistere contrapposizione tra diritti e salute, tra produzione e sicurezza del lavoro, dell’ambiente, delle comunità umane.

Il lavoro svolto dalle donne e i lavori femminilizzati sono i più precari e sottopagati, cresce il tasso di inattività per le donne e le donne sono i soggetti meno occupati e pagati di meno, 1 donna su 5 è fuori dal mercato del lavoro dopo la nascita di un figlio, le molestie e gli infortuni sul lavoro legati fortemente alla maggiore condizione di ricattabilità restituiscono una situazione allarmante, un terzo delle donne è fuori dal mercato del lavoro per mancato rinnovo del contratto, crescono le dimissioni volontarie, il lavoro di cura, che continua a gravare soprattutto sulle donne, è moltiplicato e invisibilizzato, come sono invisibili nei sistemi di classificazione le persone trans che, invece, subiscono gravi discriminazioni nell’accesso al lavoro e alla formazione.

Il lavoro, questo lavoro povero, intermittente, sfruttato, sottopagato, svalorizzato, non basta più a restituirci una vita degna. La richiesta di un welfare universale e della cura condivisa di bimbi, fragili, anziani, persone con disabilità, la battaglia sull’innalzamento dei salari e sul salario minimo, sul reddito di autodeterminazione sganciato da logiche familiste, come libertà dal lavoro e sul lavoro, come libertà dal ricatto della violenza, sono terreni di lotta da contrapporre al profitto, al merito, al familismo, ad un’idea di nazione sovrana etero cis bianca e privilegio di pochi.

Da parte nostra, continueremo nello sforzo di articolare, all’interno delle vertenze di cui siamo parte, i contenuti dello sciopero femminista e transfemminista, facendoli vivere come snodi fondamentali di piattaforma e contrattazione sindacale.

CLAP – Camere del Lavoro Autonomo e Precario