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Sul bando del Comune di Napoli riguardo la distribuzione di voucher: un chiarimento

8 December 2016

In questi giorni è stato bandito ad opera del Comune di Napoli un bando per la selezione di lavoratori disposti ad effettuare prestazione di lavoro di tipo accessorio e di pubblica utilità retribuiti mediante buoni lavoro (voucher) finanziati dalla Regione Campania.

Come campagna nazionale “Stop Voucher”, denunciamo questa verità del lavoro contemporaneo, fatto di lavoro sottopagato, gratuito, e appunto pagato con Voucher. Intendiamo necessario prendere parola sull’argomento e svestirci dell’analisi di una veste ideologica sull’argomento, che già sembra si stia diffondendo sulla questione inerente.

Riassumendo – per chi non lo sapesse – questi buoni lavoro rappresentano un sistema di pagamento delle prestazioni di lavoro occasionale accessorio, intendendo per queste ultime attività che non generano da parte del prestatore un reddito netto superiore a 7.000 € netti (9.333 euro lordi) nel corso di un anno solare.
Tale limite in precedenza era fissato in 5.050 € netti annui ed è stato successivamente innalzato con il Jobs Act.

Tuttavia per un approfondimento del tema rimandiamo a:

http://www.clap-info.net/2016/09/per-un-pugno-di-voucher/.

 

Ritornando al bando del Comune di Napoli, esso è conseguenza di fondi regionali, facenti parte del quadro delle politiche attive del lavoro, destinati a lavoratori che hanno percepito ammortizzatori sociali in questi anni e che, al momento, non sono beneficiari di alcuna indennità di disoccupazione o di altro sostegno al reddito. Quindi, è bene sottolinealo, non siamo di fronte ad una vera e propria assunzione lavorativa nel Comune di Napoli, non parliamo quindi di lavoro subordinato.

I criteri per l’accesso, come leggiamo dal bando, a questi lavori di pubblica utilità sono:

  1. ISEE più basso;
  2. numerosità del nucleo familiare in carico.
  3. inoltre, a parità di requisiti, è fissato il criterio secondo cui ha la prelazione alla prestazione chi possiede più figli nel nucleo familiare.

 

È evidente che si tratta di un’elargizione di welfare della miseria e che tali interventi, da parte della Regione Campania, non possono in nessun modo far uscire dalla soglia di povertà migliaia e migliaia di precari e disoccupati della Campania ed in particolare del Comune di Napoli.

La categorizzazione dei beneficiari, limitato a chi ha percepito ammortizzatori sociali, non prende per nulla in considerazione la grossa platea che in questi anni è stata espulsa dai dispositivi di welfare o, che semplicemente, ha lavorato, e continua a farlo, sotto le maglie oppressive del lavoro nero.

Tuttavia, al tempo stesso, non possiamo demonizzare tale intervento da parte dell’amministrazione napoletana e non possiamo accostarla, ad esempio, alle grosse multinazionali che fanno uso di voucher, come Mc Donalds’s, Zara e tante altri, al solo fine di tagliare i costi del lavoro e aumentare lo sfruttamento nei confronti dei propri dipendenti.

Siamo di fronte, comunque, ad una distribuzione di reddito, e qui a Napoli, ma nel Sud più in generale, la retribuzione di denaro tramite voucher è paragonabile, o al di sopra, in alcuni casi, del livello medio salariale della maggioranza dei lavori, soprattutto quelli svolti da giovani precari o in situazioni di lavoro nero.

Per questo motivo occorre classificare e differenziare in maniera raziocinante chi fa uso dei Voucher per meri interessi di profitto e chi lo fa, perché inserito in un contesto governativo e burocratico, dove tale intervento viene imposto da chi, a livello di governo nazionale, ha precarizzato il mondo del lavoro ed è stato direttamente ideatore e complice del vasto utilizzo dei voucher a cui stiamo assistendo in questi mesi.

Come Clap Napoli continueremo ad animare la campagna “Stop Voucher”, e sicuramente vigileremo sull’uso dell’amministrazione di tali strumenti, e denunceremo se tale uso si trasformasse in un abuso.

Allo stesso tempo, come attivisti della campagna per il Reddito Minimo Garantito in Campania, ci opponiamo alle politiche attive e workfariste della Regione Campania chiedendo che venga discussa in Consiglio regionale la proposta di legge sul reddito minimo che nei mesi scorsi ha raccolto tra tutte le provincie della regione più di 14.000 firme, e la gestione ed utilizzo dei fondi POR e finanziamenti europei 2020 per progetti mirati a nuovi inserimenti lavorativi che siano socialmente utili e rilevanti, come da mesi sostiene il movimento di lotta dei disoccupati “7 novembre”.

Nel contempo chiediamo all’Amministrazione metropolitana di Napoli l’utilizzo e lo sblocco dei 469 milioni di attivo presenti all’interno del bilancio della città metropolitana, al fine di utilizzare una parte di essi per le politiche sociale e per la sperimentazione di un reddito metropolitano da elargire, sicuramente, con criteri e soglie più accessibili, e retribuzioni più alte rispetto all’utilizzo dei voucher.

 

Organizzati – difenditi – contrattacca!