Focus

Rovesciamo il Piano: reddito, welfare universale, diritti

10 February 2021 |  Clap
reddito subito

Con il Governo Draghi che si appresta a riscrivere il Recovery Plan, un seminario telematico politico e di ricerca, organizzato dalle Camere del Lavoro Autonomo e Precario, da ADL Cobas e Sial Cobas,  per immaginare l’alternativa possibile e necessaria. Sabato 20 febbraio dalle ore 15. A seguire, il programma del seminario e il breve testo di presentazione. Il seminario sarà in diretta streaming sulle pagine Facebook delle CLAP e di DINAMOpress.


Programma
Ore 15, relazioni di:
Sandro Mezzadra (Università di Bologna e Collettivo EuroNomade); Emanuele Leonardi (Università di Coimbra); Maurizia Russo Spena (Ricercatrice sociale indipendente e attivista delle CLAP).
A seguire, interventi di lavoratrici e lavoratori della Sanità, del Food Delivery, delle politiche ambientali, dello spettacolo, dei servizi. E altre/i ancora…

Presentazione del seminario
Ragionare oggi di reddito vuol dire lanciarsi in un campo di riflessione ampio e ricco di sfumature, un campo all’interno del quale è necessario orientarsi tracciando alcune linee guida e ponendosi le giuste domande, con l’obiettivo di portare avanti battaglie e rivendicazioni all’altezza della fase che stiamo attraversando.
Come ribadito in molte occasioni da diversi soggetti del sindacalismo di base e sociale, dai movimenti e da chi in questi anni ha cercato di mettere il reddito incondizionato al centro delle proprio battaglie, per formulare una rivendicazione efficace anche come strumento di lotta bisogna comporre molteplici istanze e avere il coraggio di rompere steccati che per troppi anni le hanno viste contrapposte, incapaci di trovare elementi di convergenza e punti di contatto.
Quello che vorremmo fare, attraverso un confronto e un dibattito largo, è esattamente quanto appena esposto: è possibile sviluppare un discorso comune sulle risorse per provare a dare effettivamente battaglia sui fondi del Recovery Plan? Come si possono sviluppare lotte concrete, nei territori e nei luoghi di lavoro, che affermino la necessità e l’urgenza di un welfare universale, in grado di rompere il ricatto tra salute e lavoro, di disattivare la trappola della precarietà e della povertà, dei bassi salari e del lavoro a tutti i costi? Come si articolano le diverse rivendicazioni e come si possono trasformare in un programma di lotta di ampio respiro?
Proprio a partire da queste domande vogliamo aprire un dibattito che coinvolga tutti i soggetti interessati e che tematizzi alcuni punti a nostro avviso centrali:
1) Rivendicare reddito incondizionato vuol dire in primo luogo ribaltare interamente il paradigma che vede i percettori di reddito come parassiti, fannulloni, soggetti da attivare coattivamente e indirizzare verso un lavoro a qualsiasi condizione. Bisogna farlo a partire dalla consapevolezza che in Italia una legge sul reddito esiste e che questa legge va allargata, ampliando i criteri di accesso e rivedendo le condizionalità che ne restringono l’efficacia. Un reddito incondizionato, individuale, accessibile anche alle tante lavoratrici e ai tanti lavoratori migranti rimasti esclusi, come i dati sul REM ci dimostrano.
2) Reddito incondizionato e questione salariale sono oggi strettamente legate: per ricostruire rapporti di forza adeguati bisogna tenere insieme la rivendicazione del reddito e quella di un salario minimo legale, individuando nella dimensione europea il terreno di scontro necessario, proprio nel momento in cui si sta aprendo una discussione a livello continentale sul tema che non tiene in considerazione le notevoli differenze tra i paesi membri dell’Unione. Le richieste che rimbalzano in questi giorni sui giornali del paese ci parlano dell’interesse, da parte delle grandi aziende, di ricevere denaro pubblico chiedendo in cambio la massima libertà dal punto di vista salariale e della stabilità contrattuale: in un quadro come questo legare reddito e salario vuol dire intervenire anche sulla qualità della domanda di lavoro e imporre i limiti che Confindustria tenta preventivamente di abbattere.
3) Per rendere realizzabili una serie di rivendicazioni è necessario battersi per una fiscalità più equa: non solo una imposta patrimoniale, che potrebbe fornire risorse in grado di coprire misure universali e incondizionate, ma una riforma complessiva, in senso maggiormente progressivo, delle imposte sui redditi, è urgente e non più rimandabile, in un paese come il nostro in cui la polarizzazione delle ricchezze aumenta a ritmi inaccettabili, insieme ai depositi bancari delle grandi aziende.
4) Reddito incondizionato vuol dire anche disgiungere la riproduzione della vita dalla necessità di un posto di lavoro ad ogni costo e quindi dall’imperativo della crescita infinita e fine a sé stessa. Tale accesso al reddito può quindi creare le condizioni materiali per radicali trasformazioni produttive nella direzione dell’espansione dell’erogazione di beni e servizi sostenibili e delle attività non di mercato.
Questi elementi, che da diverso tempo vengono dibattuti, assumono un altro significato se collocati all’interno di quello che è accaduto nell’ultimo anno, con l’emergenza sanitaria diventata immediatamente sindemia, emergenza sociale ed economica, leva ulteriore di iniquità, dei livelli di sfruttamento e impoverimento già esistenti: il Recovery Plan è l’occasione per la grande industria e i capitani di ventura del nostro paese di portare l’assalto alla diligenza, tentando di prendere tutto il bottino e la crisi di governo con l’arrivo di Mario Draghi e del “governo tecnico-politico” rende, se possibile, ancora più chiara la strategia di quei gruppi d’interessi, gli unici che si stanno realmente preparando a questa sfida.
Abbiamo ascoltato per mesi le dichiarazioni di Confindustria, così come quelle di vari esponenti politici, affrettarsi a concentrare gli interventi sulle politiche attive, la formazione, le nuove competenze e l’investimento in “capitale umano”: una ricetta che ben conosciamo e di cui conosciamo i reali obiettivi e i risultati, ovvero il trasferimento di denaro pubblico nelle tasche di aziende, enti di formazione e agenzie per il lavoro, senza reali benefici per lavoratrici e lavoratori. Rifiutare questa logica è necessario, ma altrettanto necessario sarà trasformare anche questo spazio in un campo di battaglia, così come quello del welfare e della sua democratizzazione, facendo emergere le reali necessità e i bisogni di chi continua a pagare il prezzo più alto di questa crisi e continuerà a farlo nei prossimi mesi, con lo sblocco dei licenziamenti all’orizzonte. Quali politiche attive in assenza di occupazione, quale formazione e riqualificazione senza affrontare il nodo del welfare e della sua estensione?
Si tratta di suggestioni e interrogativi che vorremmo sviluppare all’interno di un seminario il giorno 20 febbraio, per avanzare sul terreno della riflessione concreta e delle lotte da portare avanti durante tutto il 2021: invitiamo singoli, collettivi, realtà di movimento e del sindacalismo sociale a partecipare e portare le proprie riflessioni, per costruire insieme nuovi strumenti e nuove parole d’ordine.