Appuntamenti

IL 27 Novembre le lavoratrici e i lavoratori dello spettacolo si riprendono la scena.

24 November 2023

Lunedì 27 Novembre a Roma, Napoli, Genova e Milano, le lavoratrici e i lavoratori dello spettacolo daranno vita ad assemblee in contemporanea per costruire il piano di mobilitazione per l’autunno, a partire dal netto rifiuto della “indegnità” di discontinuità. Una nuova fase di attivismo autorganizzato da decine di collettivi, associazioni di lavoratori e lavoratrici e sindacati conflittuali.

Poche settimane fa, infatti, su proposta del ministro Sangiuliano, il parlamento ha approvato il decreto riguardante l’indennità di discontinuità.

Ma facciamo un passo indietro

Negli anni più caldi delle proteste, iniziate quando a causa del lockdown i nostri luoghi di lavoro sono stati chiusi, quello in oggetto è stato uno dei temi più discussi nelle centinaia di assemblee territoriali e nazionali che abbiamo condotto in presenza e online.

La domanda ricorrente era sempre la stessa: come tutelare le lavoratrici e i lavoratori dello spettacolo nei periodi in cui non sono impiegati? Parliamo appunto di “momenti senza impiego”, quelli in cui siamo privi di contratti subordinati, scritture o collaborazioni a partita IVA, e non di “momenti di non lavoro”, perché nel nostro settore sono due cose molto diverse.

Tutto questo non sembra sia chiaro a chi ha immaginato l’indennità di discontinuità, ma i periodi in cui non siamo sotto contratto sono quelli in cui tante e tanti di noi studiano, fanno ricerca e producono, o semplicemente sono fermi a causa della strutturale natura intermittente del nostro settore

Il decreto porta con se anche un generico e ideologico riferimento alla formazione, da intraprendere nei momenti in cui non si lavora, mostrando di essere stato scritto da chi non ha nessuna idea dei meccanismi all’interno dei quali ci troviamo.

Pensare ai lavoratori e alle lavoratrici dello spettacolo come inoccupati da formare con i corsi della regione risponde, più che ad esigenze dei lavoratori stessi, ad una logica di workfare e di obbligo coatto al lavoro “purché sia”, la stessa che stiamo vedendo all’opera con la cancellazione del Reddito di Cittadinanza e delle causalità dei contratti a termine, ad esempio. Con buona pace di quel briciolo di welfare, se così si può chiamare, ancora presente in Italia

Ci sono poi le questioni più tecniche che renderanno questa indennità difficile da ottenere. Se è vero che per accedere saranno necessarie 60 giornate lavorate nell’anno precedente, non verranno conteggiate tutte le giornate versate in cassa INPS, perché il reddito prevalente dovrà provenire dal settore spettacolo. Accadrà quindi che, per fare degli esempi, tutti quegli attori o danzatori che per sbarcare il lunario fanno i camerieri non potranno usufruire della misura, o dovranno chiedere di lavorare in nero per fare in modo che il reddito predominante risulti quello dello spettacolo. Andando avanti per casistiche diffuse, rimarranno esclusi per lo stesso motivo aiuto registi o giovani drammaturghi che lavorano come maschera di sala in teatro e sono spesso contrattualizzati con CCNL multiservizi o guardiania.

Ancor più grave forse, la specifica per cui le giornate utilizzate per NASpI, indennità ALAS, malattia, infortunio e maternità verranno decurtate dal conteggio. Se quindi nell’anno precedente si è lavorato 100 giornate ma 50 di queste sono state usufruite per maternità, ecco che il calcolo della indennità sarà così di fatto decurtato delle giornate già indennizzate ad altro titolo, rendendo ancora di più la misura esigua. Avviene così di fatto l’equiparazione della malattia o della maternità con i periodi di disoccupazione, una stortura impossibile da accettare e un precedente molto grave.

Ma la cosa che forse più contrasta con le proposte e le suggestioni lanciate dal movimento delle lavoratrici e dei lavoratori dello spettacolo è la misura del pagamento: ancora una volta la filosofia dietro questo genere di provvedimenti non parte da un principio di equità ma da un criterio premiale. Più hai lavorato l’anno precedente, più soldi prenderai. È vero che parliamo di redditi che devono essere inferiori ai 25.000 euro ma nel nostro settore il reddito medio si aggira attorno ai 10.000€ secondo l’INPS, e questa misura non farà che aumentare il divario fra lavoratori poveri e chi ha un reddito quantomeno dignitoso.

Insomma, un provvedimento che non userà nessuno, riportando nei bilanci dello stato i 100 milioni al momento stanziati.

Ma oltre al tema della discontinuità, le assemblee di lunedì 27 novembre dovranno fare un passo in avanti e accogliere la sfida di tornare ad immaginare un settore lavorativo da trasformare radicalmente.

A partire dal tema del finanziamento pubblico e del meccanismo di produzione, che ora premia l’iperproduzione annientando le differenze e le specificità, del tema del salario minimo e dell’adeguamento delle paghe al costo della vita, della stabilizzazione e internalizzazioni dei teatri nazionali e delle fondazioni lirico sinfoniche, del riconoscimento della formazione come lavoro.

Ora che il settore è ripartito dopo la lunga coda pandemica, tornando a dettare il ritmo della nostra vita, abbiamo la necessità di trovare nuovi strumenti di lotta per incidere e determinare il cambiamento necessario

Di certo le lavoratrici e i lavoratori del settore hanno imparato con la pratica che le uniche misure giuste sono quelle universali: quelle che non settorializzano, che non mettono gli uni contro le altre lavoratori garantiti e precari, artisti e maestranze, “famosi” e no. Quelle che insomma vadano a migliorare le qualità della vita di tutte e tutti e che ci rendano meno ricattabili.

Per queste ragioni il 27 sarà una prima occasione che vogliamo tentare di cogliere, invitando colleghe e colleghi a partecipare per costruire insieme un futuro all’altezza dei nostri bisogni.

CLAP – Camere del lavoro autonomo e precario

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