Focus

Germania: Grosse Koalition contro il diritto di sciopero

25 May 2015

Streik Berlindi Marina Montanelli

La Germania è diventata uno “Streikland”, scriveva un paio di giorni fa la Süddeutsche Zeitung. Con lo sciopero dei macchinisti della Deutsche Bahn, che per settimane è riuscito a paralizzare il paese, quello dei lavoratori e degli educatori dei Kindergarten e quello di una parte del personale della Deutsche Post, il 2015 rischia di diventare l’“anno di fuoco”, l’anno col maggior numero di giorni di sciopero in Germania. Le statistiche, prontamente pubblicate sui maggiori quotidiani tedeschi, riportano però subito alla realtà, mostrando come, in confronto a paesi quali la Francia o la Danimarca o la Spagna, i numeri tedeschi tornino subito a ridimensionarsi, ripiombino entro il recinto della norma. Placate subito gli animi dunque, non sta accadendo nulla di eccezionale!

E se tante volte qualcuno nutrisse ancora qualche dubbio, puntuale come una mannaia, il Governo Federale Tedesco ha pensato immediatamente a scioglierlo. Dopo che la GDL, sindacato minore che ha condotto con determinazione radicale le settimane di sciopero dei macchinisti, aveva acconsentito a una tregua temporanea, nel momento in cui l’azienda aveva accettato, oltre l’aumento salariale del 5% e la diminuzione delle ore di lavoro, anche la possibilità che la GDL rappresentasse altre categorie lavorative (in aperta contrapposizione col maggiore sindacato del settore, la EVG), ecco giungere, con inquietante e scientifica puntualità, una proposta di legge di nuova regolamentazione del diritto di sciopero e della rappresentanza sindacale nei posti di lavoro. Non casualmente critici e oppositori l’hanno anche chiamata “Lex GDL”, in quanto risposta immediata e diretta, forse in primo luogo, contro il sindacato che più ha dato filo da torcere al governo nell’ultimo periodo. Proposta di legge che, neanche a dirlo, viene dalla SPD, in particolar modo dalla giovane socialdemocratica Andrea Nahles, Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali nel governo di coalizione di Angela Merkel. “Il conformismo, che è sempre stato di casa nella socialdemocrazia, non riguarda solo la sua tattica politica, ma anche le sue idee economiche. Ed è una delle cause del suo sfacelo successivo”, scriveva Walter Benjamin nel 1939. Suonerà banale e ridondante, ma forse, di questi tempi, è bene tenerle sempre a mente queste parole.

Venerdì 22 Maggio la legge è stata approvata con la grande maggioranza del Parlamento: soltanto 17 sono stati i voti contrari. Se non dovessero esserci ulteriori intralci di percorso e se il Presidente della Repubblica Federale, Joachim Gauck, dovesse quindi sottoscrivere subito la legge, quest’ultima potrebbe entrare in vigore già a Luglio. Chiamata anche “Tarifeinheit”, vale a dire unità contrattuale, la legge prevede che nel luogo di lavoro viga il contratto stipulato dal sindacato con il maggior numero di iscritti e che, conseguentemente, sia sempre questo stesso sindacato ad avere il diritto e l’unica legittimità a proclamare eventuali scioperi. I sindacati minori sarebbero così tenuti ad adeguarsi e a trovare, obbligatoriamente, un accordo e una “linea comune e condivisa”, relativa al contratto di lavoro, col più grande. Sotto l’emblematica espressione “Ein Betrieb, ein Tarifvertrag”, un’impresa, un contratto di lavoro, è stata infatti anche riassunta la legge (e come non sentir risuonare qui l’eco nostrana del nostro “socialdemocratico” Presidente del Consiglio e del suo auspicio al sindacato unico…). La Ministra del Lavoro Andrea Nahles, dopo i turbolenti dibattiti che si sono susseguiti in questi giorni, ha avuto anche il coraggio di dichiarare che “il diritto di coalizione e il diritto di sciopero non sono stati intaccati” in alcun modo. Dall’altra parte, a fronte del chiaro tentativo di marginalizzazione e isolamento, i sindacati minori, spesso quelli indipendenti e più conflittuali, si dicono pronti ad andare davanti la Corte Costituzionale Federale per denunciare l’incostituzionalità di tale intervento legislativo, nella misura in cui mette in serio rischio lo stesso diritto di sciopero e la libertà dei lavoratori.

Di fronte a questa nuova “sacra caccia alle streghe” contro “lo spettro” dello sciopero e dei diritti dei lavoratori che si aggira per la “vecchia Europa”, si impone con rinnovata urgenza una riflessione sulle forme di resistenza, di auto-organizzazione e di difesa del mondo del lavoro, soprattutto di quelle figure frammentate, precarie, atipiche, prive di tutela e di rappresentanza sindacale. Si impone una volta di più una riflessione comune su cosa possa voler dire costruire uno sciopero sociale transnazionale dentro e oltre l’Europa.