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Andatevene!

13 August 2015

La bolla occupazionale e il messaggio per le giovani generazioni

di Francesco Raparelli

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Era in attesa Renzi, ma il momento è arrivato. I dati INPS, in contrasto con le ultime rilevazioni mensili dell’ISTAT, ratificano il successo del Jobs Act: nel primo semestre del 2015, in rapporto al primo del 2014, sono cresciute del 36% (+252.177) le assunzioni con contratti a tempo indeterminato. L’Italia «cambia verso», anche l’OCSE conferma, i giovani possono finalmente prendere in mano il loro futuro. Scrive Renzi su Fb: «I dati diffusi dall’INPS dicono che siamo sulla strada giusta contro il precariato e che il Jobs Act è un occasione da non perdere, soprattutto per la nostra generazione». Grazie Renzi, i giovani ti amano.

Soltanto pochi giorni fa, il presidente dell’ISTAT, Giorgio Alleva, intervistato dal Fatto Quotidiano aveva detto: «Valutare il saldo tra attivazioni e cessazioni dei contratti come se fosse un aumento di teste, cioè di occupati, è una approssimazione non accettabile. Il governo fa il suo mestiere, ma a me preoccupa molto quando si sbandierano dati positivi dello 0,1%, anche perché poi – come si è visto – portano a fare dietrofront il mese dopo». Basterebbero queste precisazioni, relative al metodo, per mettere all’angolo il “ganzo” fiorentino. Così come sarebbe opportuno insistere sull’aumento del 30% (+331.917) delle trasformazioni dei contratti a tempo determinato o di apprendistato in contratti a tutele crescenti. Ma vogliamo essere generosi, e andare – o tornare – al punto.

Si tratta di una bolla occupazionale, tra l’altro già fortemente ridimensionata dal rinnovato aumento della disoccupazione (12,7%) nel mese di giugno. Ragioni della bolla? Semplice: il contratto a tutele crescenti, al contrario di quanto viene affermato a ogni piè sospinto da Governo e Confindustria, non è un contratto a tempo indeterminato; la decontribuzione triennale – per ogni nuovo contratto di lavoro “stabile” acceso – garantita alle imprese dalla scorsa Legge finanziaria (2014). Dunque il Jobs Act funziona, certo, perché senza articolo 18 il lavoro non è stabile. La tutela che cresce, col tempo, è solo il quantum dell’indennizzo in caso di licenziamento. C’è di più: senza la decontribuzione, di 8.024 euro l’anno per lavoratore, neanche il Jobs Act sarebbe sufficiente. E i dati INPS sono utili a Renzi, che può raccontare al Paese stremato nuove balle, ma servono soprattutto alle imprese, che a gran voce chiedono risorse certe per il 2016 e il 2017, così come la riduzione ulteriore del cuneo fiscale.

A esser meno severi, però, meno «accecati dalle ideologie», anche noi ci accorgeremmo che qualcosa sta crescendo. È vero. Il travaso degli inattivi nelle file dei disoccupati, seppur lievemente, sta aumentando. Rispetto al primo semestre del 2014, il numero dei voucher da 10 euro per il lavoro accessorio venduti è cresciuto del 74,7%. Alla faccia della stabilità del rapporto. E poi un’impennata tra tutte, forse quella che sta più a cuore a Renzi: gli utili per le 40 big di Piazza Affari (le cosiddette «blue chip») sono saliti a 12 miliardi. Dalle banche agli esportatori, i profitti ridono: negli ultimi 12 mesi, Azimut ha registrato un aumento degli utili del 120%, Mediolanum del 38%, Intesa Sanpaolo del 178%, Luxottica del 29%. Brilla FIAT-Chrysler: 54% in più nell’ultimo semestre, 250% in tre anni. L’euro debole che favorisce l’export, insiste il Sole 24 ore. Certo, il Quantitive easing aiuta, ma la verità è che il lavoro costa meno ovvero è più povero. Woorking poor.

Mentre Renzi droga il mercato del lavoro, c’è chi, giovanissimo, di droga muore. E allora esplode l’emergenza estiva. Ad agosto, si sa, rompono i coglioni migranti in eccesso e giovani irrequieti. Ma quest’anno l’accanimento si fa cruento. Ripetono senza sosta politici, “esperti” e giornalisti: “che adolescenti e giovani la smettano di divertirsi, non lo sanno fare! Tornino in famiglia e la famiglie tornino a fare il loro mestiere”! Parola d’ordine, parola ordinativa contro la dissipazione, la mancanza di morale. Sulla droga ci sarebbe molto da dire, ma lo faranno altri meglio di me. Ciò che conquista la luce, con la violenza efferata della vetrina televisiva, è la guerra generazionale in corso. Anche i morti vanno puniti, perseguitati. Perseguitati affinché i vivi smettano di festeggiare. L’ideologia della Festa è così cara, solitamente, al capitalismo neoliberale, sempre pronta com’è a sostenere la norma della concorrenza. No, nell’Europa del Sud bisogna smettere anche di ballare. L’indicazione, forse, è più chiara di quello che sembra. A maggior ragione se afferrata alla luce dell’aumento, senza sosta, della disoccupazione giovanile. In modo secco, deciso, i potenti italici esortano: “andatevene”! Se restate, continua il messaggio, povertà, sotto-occupazione e vita in famiglia. Bella merda.