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Dal 25 novembre all’8 marzo: assemblea delle iscritt* CLAP verso lo sciopero transfemminista

24 January 2024

Dopo la storica mobilitazione dello scorso 25 novembre, con oltre un milione in piazza a Roma, e in preparazione dello sciopero transfemminista del prossimo 8 marzo, le Camere del Lavoro Autonomo e Precario prendono parola sulle condizioni materiali e simboliche dell’ineguaglianza di genere nel mondo del lavoro. Assemblea delle/degli iscritt*, venerdì 9 febbraio, ore 18 presso Esc: a seguire, il testo di convocazione. [immagini di Federica Raparelli]

La straordinaria marea del 25 novembre ha posto nuovamente e con forza al centro del dibattito pubblico la violenza di genere come elemento sistemico della nostra società, che attraversa la totalità della nostra esistenza nelle relazioni interpersonali come nei rapporti di produzione / riproduzione, nella sfera pubblica come in quella privata.

Come CLAP – Camere del Lavoro Autonomo e Precario, parte del movimento transfemminista Non Una Di Meno, abbiamo attraversato tutte le tappe di avvicinamento alla straordinaria manifestazione di Roma, con uno sguardo particolarmente attento all’intersezione tra violenza di genere e violenza economica, che moltiplica per donne e soggettività non “conformi” forme di sfruttamento, emarginazione, svalorizzazione e discriminazione.

 I dati statistici, recentemente diffusi, nella loro crudezza lo testimoniano: l’Italia ha il maggiore gender gap nel mercato del lavoro a livello europeo. Metà delle donne nel nostro Paese non è “occupata”, il che significa che non ha indipendenza economica. Ma tutto ciò avviene perché l’Italia, dagli anni ’90 in poi, più di ogni altro paese europeo, è stata immobile sul fronte delle politiche contro le disparità di genere e per lo sviluppo dell’occupazione femminile. Siamo ultimi per tasso di occupazione femminile. Fino a un po’ di anni fa, dietro di noi in graduatoria c’erano Malta, Grecia, e anche Spagna, che ormai ci hanno superato. Il recente rapporto INAPP testimonia come le varie forme di decontribuzione messe in atto dai governi non hanno sostenuto la riduzione del gender gap, laddove solo il 40% dei contratti incentivati ha riguardato le donne e quasi sempre con attività part time e precarie.

E mentre procede e dilaga una femminilizzazione del lavoro, che è diventato più precario flessibile e povero per tutt*, permane una segregazione orizzontale e verticale del lavoro femminile in un paradigma lavorativo sessista e patriarcale, in cui il lavoro di cura è quasi ad esclusivo appannaggio delle donne e la maternità (quella reale e quella ipotetica) considerata uno svantaggio. Le politiche e gli strumenti di condivisione della genitorialità sono al palo, infatti ancora oggi i congedi obbligatori di paternità sono del tutto simbolici (7 gg) e quelli parentali di sei mesi e retribuiti solamente al 30%.

 

Il welfare familistico, sostenuto quasi esclusivamente dal doppio lavoro delle donne e da quello super sfruttato, sottopagato e razzializzato delle straniere, occupa il grande vuoto lasciato dai servizi pubblici, segnati dalla decadenza progettuale e dalla miseria degli investimenti.

Gli orari di lavoro sempre più pervasivi e dilatati dall’uso delle tecnologie digitali, con lo Smart Working non regolato o comunque il lavoro da remoto (prevalentemente homeworking, svolto da casa) invadono la sfera del privato e dell’organizzazione del quotidiano, sottoponendo spesso le donne ad un sovraccarico di stress e riproponendo una divisione sessuale dei ruoli, anche quando la separazione fisica tra luogo di lavoro e quello della vita privata viene annullata.

Gli stereotipi di genere, i pregiudizi sessisti, l’organizzazione gerarchica del potere che porta l’imprinting maschile anche quando ad esercitarlo sono le donne, le discriminazioni nelle assunzioni e nella gestione della vita professionale e lavorativa, il sottoinquadramento, la sottoretribuzione,  la svalutazione di modalità di svolgere l’attività in forme più libere  e creative,  gli ostacoli al rientro dalla maternità, la  richiesta di funzioni  “ancillari”, di servizio e di maternage anche quando la collocazione lavorativa e professionale non lo richiede, il persistere di un clima ammiccante quando non esplicitamente di harracement,  le richieste e le azioni moleste, lo stalking e  gli abusi a sfondo sessuale, punteggiano e descrivono il vissuto lavorativo  di  milioni di donne  e di soggettività  non omologate.

Questa è la realtà che incontriamo e con cui interloquiamo ogni giorno nella nostra azione di sindacato sociale autorganizzato, che attraversa il mondo del lavoro e della precarietà dal basso, partendo dalle condizioni di maggiore fragilità, ma anche confrontandoci con sistemi lavorativi più complessi e organizzati nel settore pubblico e para-pubblico, come nel privato.

Dall’esperienza quotidiana che  nostr* iscritt*  e  attivist*  vivono  nel lavoro e per il lavoro, nella lotta  per la  dignità, i diritti, la libertà e il riconoscimento di valore  e di senso, da qui vogliano partire per una campagna  generalizzata che analizzi in profondità le radici del sessismo e del patriarcato nelle relazioni e nei rapporti di lavoro, quanto queste pesano nel determinare scelte organizzative, salariali, gestionali, nel forgiare culture  e  sistemi  lavorativi, nel determinare condizioni di vita, immaginario collettivo e  processi di valorizzazione/svalorizzazione.

Rafforzare questo percorso, interloquendo con le azioni e le iniziative del movimento transfemminista nel nostro territorio ci sembra il contributo per segnare il percorso verso lo sciopero dell’8 marzo.

Venerdì 9 febbraio ore 18 | Esc, Atelier autogestito (Via dei Volsci 159)

ASSEMBLEA GENERALE  DELLE CLAP