Focus

Roma: precariato e working poor

24 April 2022

Mentre il FMI definisce inevitabile la recessione italiana, con l’inflazione impazzita a fronte di salari fermi al 1993, è ripartito il dibattito pecoreccio, animato dagli chef cosiddetti “stellati”, contro i giovani che non vogliono lavorare. I numeri, però, continuano a parlare chiaro: nei servizi a basso valore aggiunto, il lavoro, quando non è in nero, è precario e sottopagato. A Roma, città di servizi e turismo, il fenomeno è drammatico. Ne parlano gli attivisti delle CLAP, nel bel servizio (a seguire) ANSA e del Fatto Quotidiano di Angela Gennaro, che ringraziamo.

Vedi il servizio sul sito dell’ANSA

Vedi il servizio sul sito del Fatto Quotidiano

 

“La situazione del lavoro in Italia e a Roma è abbastanza problematica. Negli ultimi giorni è uscito il rapporto ISTAT con i dati del mercato del lavoro: quello che emerge è un aumento dell’occupazione dovuto a questa crescita post-pandemia, anche se attualmente messa in crisi dalla guerra e dall’inflazione. Questa crescita è portata avanti dai contratti precari, otto contratti su dieci sono contratti a tempo determinato, di questi otto l’86% è inferiore ai sei mesi. Questa ripresa ha delle gambe d’argilla.

Su Roma l’ultimo dossier della Caritas dimostra che siamo di fronte a una situazione drammatica, il 26% dei cittadini e delle cittadine romane vive una situazione di difficoltà economica, di cui il 12% in grave situazione di povertà e il restante 14% non arriva a fine mese.”

Questo ci racconta Marco, una situazione che denunciamo con forza. Continua poi Antonio.

“La precarietà è un dato di fatto in tutti i settori del mercato del lavoro. Nella pubblica amministrazione, quindi anche in quei settori dove è presente la mitologia del “posto fisso”, nella sanità o anche altri settori molto diffusi a Roma: la ristorazione o il lavoro di cura e di assistenza alla persona, chi lavora nell’ambito della sicurezza, persone che spesso vediamo all’ingresso dei negozi così come delle ambasciate e che spesso sono assunti da cooperative e guadagnano circa 5 euro all’ora.

Io sono un ricercatore, precario, ho un assegno di ricerca che mi scadrà a settembre. Anche io faccio parte di quei lavoratori per i quali è molto difficile organizzarsi sindacalmente, perché scadiamo in pochi mesi e quindi non abbiamo nemmeno il tempo di farlo.”

Infine Claudia e Sabrina ci raccontano le loro storie, personali ma simili a quelle vissute da tante e tanti altri giovani.

“Da quando ho perso il lavoro, a cavallo della pandemia ho ripreso a fare la baby sitter in maniera strutturata, adesso è il mio lavoro. In più faccio altri lavori, utilizzando il tempo dell’estate per dedicarmi ai lavori stagionali, con i quali provo a fare un po’ di “cassa”, considerando che vivo in affitto e non ho il famoso welfare “familistico”. Il futuro me lo immagino molto precario, oltretutto più vado avanti con l’età più penso a una cosa a cui ho sempre pensato e cioè al fatto che non avrò mai pensione, una cosa che non riguarda solo me ma riguarda molti altri, anche se poi quando rifletto su me stessa mi sento un po’ in trappola, ecco.”

“Ho lavorato nella ristorazione, ho fatto la rider, ho fatto la babysitter, ho venduto cose ai mercatini, ho sempre cercato di sopravvivere perché mia madre non ha mai avuto la possibilità di aiutarmi e dal punto di vista del sostegno statale c’è stato ben poco. Ora avendo due lavori riesco a mantenermi dignitosamente ma questo significa che arrivo alle nove a casa e crollo dal sonno e non so quando studiare”

Ringraziamo Angela Gennaro per aver dato voce a persone e realtà organizzate che spesso non compaiono nella narrazione mainstream, presidiata per lo più da chef di successo, rampanti imprenditori, fini editorialisti e politici alla ribalta che non perdono occasione, comodamente seduti sul proprio privilegio, di ricordarci che i veri problemi del Paese sarebbero la scarsa voglia dei giovani di lavorare e il Reddito di Cittadinanza.