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Lettera alle iscritte CLAP: prepariamo insieme l’8 marzo 2021

17 February 2021

Sabato 27 febbraio ore 17, assemblea telematica delle lavoratrici iscritte alle Camere del Lavoro Autonomo e Precario, verso lo sciopero femminista di Non Una Di Meno.

Lo sciopero femminista dell’8 marzo chiamato dal movimento Non Una di Meno, ancora di più quest’anno, ci sembra un momento di lotta necessario, a cui riteniamo doveroso aderire e contribuire.

E crediamo che sia importante farlo, come donne, a partire dai nostri luoghi di lavoro, costruendo un percorso di partecipazione in cui le vertenze di cui siamo parte prendano voce, sottolineando i nodi di rivendicazione politico-sindacale che le hanno caratterizzate, soprattutto in quest’ultimo anno.

Un anno difficile, in cui la pandemia ha evidenziato la centralità del lavoro delle donne nella produzione e nella riproduzione sociale e mostrato, in modo brutale, come il modello di sviluppo attuale sia in contraddizione con la riproduzione della vita stessa. Le donne nei servizi cosiddetti “essenziali” non hanno mai smesso di lavorare e sono quelle che hanno pagato più pesantemente, con ritmi e condizioni di lavoro massacranti, con la propria salute psicofisica (i contagi da Covid-19 sul posto di lavoro hanno colpito per il 70% donne), l’emergenza pandemica. Tutti i dati a disposizione dall’inizio del lockdown ci riportano che tra coloro che stanno facendo di più le spese della crisi sanitaria e lavorativa vi sono le donne, i giovani, i migranti, i più anziani, coloro che hanno contratti meno tutelati, precari, autonomi. Sono 444mila le persone che hanno perso il lavoro nell’ultimo anno, di cui il 70,2% sono donne. Solo tra novembre e dicembre 2020, di 101mila occupati in meno, 99mila sono donne.

Lo sblocco dei licenziamenti previsto probabilmente a marzo peggiorerà ulteriormente i livelli di occupazione. Nell’ultimo anno si è registrata anche una tendenza da parte delle donne, soprattutto quelle con figli a carico, ad allontanarsi dal lavoro con penalizzazione della carriera e/o a rinunciare alla ricerca di lavoro (vi è un forte incremento delle cosiddette inattive: + 8,5%). Preoccupanti, poi, sono alcuni studi sullo stress e sul malessere delle donne in relazione al lavoro provocati dalla crisi sanitaria, dalla gestione dei carichi di cura, dall’allontanamento dal lavoro, dalla mancanza di relazioni fuori dall’ambito domestico. La violenza domestica, poi, ha visto un ulteriore e gravissimo aumento, queste ultime settimane segnalano una tendenza che ci pone una volta di più in allarme: solo dall’inizio del 2021 sono 10 le donne uccise da partner, ex partner o familiari. Secondo i dati diffusi dal Dipartimento Pari Opportunità, durante il lockdown le chiamate al 1522 sono aumentate del 73%.

Le misure messe in campo fino ad ora evidentemente non sono state sufficienti. Ne abbiamo segnalato la frammentazione, l’eccessiva segmentazione, il carattere spesso discriminatorio e il fatto che, nella chiusura all’interno dello spazio domestico, non mettessero a tema l’eccessivo carico di cura sulle spalle delle donne, la riconferma della non distribuzione dei carichi familiari, le solitudini, la violenza. E anche le missioni su cui ruota il Recovery Plan con ingenti risorse che giungeranno alle imprese (dalla conversione ecologica alla digitalizzazione), al di là delle retoriche sulla parità di genere, non ci sembra che al momento mettano in discussione l’impianto familista e selettivo. Ma questo è un campo di tensione ancora tutto da affrontare, anche a partire dalla data dell’8 marzo.

L’home-working, all’interno dei processi di trasformazione digitale che stanno investendo la società e la stessa concezione della prestazione lavorativa, ha finito per accentuare questi elementi. Il lavoro da casa ha significato molto spesso meno welfare, scaricando i costi su chi lavora, a detrimento delle risorse e dei servizi di assistenza e cura. Esso si sta dispiegando come “lavoro senza fine”, dove nel processo di virtualizzazione, anche le occasioni di socialità e di relazione sono di fatto individualizzate. Effetti che non solo hanno sovraccaricato il lavoro delle donne, ma che rischiano di indebolire processi di consapevolezza, sindacalizzazione, capacità di risposta e organizzazione.

Le lavoratrici della sanità, che hanno fronteggiato e fronteggiano tutti i giorni la crisi pandemica, all’aumento del carico di lavoro – troppo di frequente in condizioni di scarsa sicurezza che abbiamo dovuto denunciare – non solo non vedono riconosciuto in termini salariali adeguati il proprio impegno, le proprie prestazioni, ma continuano ad avere contratti precari, spesso in regime di esternalizzazione.

Pensiamo che sia importante discutere insieme questi temi e trasformarli in una piattaforma di rivendicazione politico-sindacale, in un percorso verso l’8 marzo che ci veda, insieme ad altre lavoratrici della pubblica amministrazione, delle agenzie partecipate, della scuola, dei servizi esternalizzati del settore sanitario, socio-educativo, assistenziale, praticare forme di sciopero, di astensione dal lavoro visibili ed efficaci.

Proponiamo di vederci in assemblea telematica il 27 febbraio alle ore 17.

 

Leggi la lettera di Non Una Di Meno alle Organizzazioni Sindacali