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Perché le CLAP aderiscono alla manifestazione del 9 novembre contro i Decreti Sicurezza

5 November 2019

Le Camere del Lavoro Autonome e Precarie aderiscono e parteciperanno al corteo nazionale che si terrà il 9 novembre a Roma. Contro i Decreti Sicurezza dell’ex Ministro Salvini. A seguire le motivazioni dell’adesione e l’invito a partecipare rivolto a tutte/i le/gli iscritte/i.

La manifestazione di sabato 9 novembre richiede l’abrogazione delle leggi su “sicurezza e immigrazione” firmate dall’ex ministro Salvini e le precedenti leggi sulla “protezione internazionale e il contrasto dell’immigrazione illegale” e su “decoro e sicurezza urbana” che portano i nomi degli ex ministri Minniti e Orlando. L’appello dei promotori rivendica, inoltre, la chiusura dei CPR (Centri di Permanenza e Rimpatrio), la riapertura dei porti, la regolarizzazione dei migranti senza documenti, l’abrogazione delle misure contro le ONG impegnate nelle missioni di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo.

Leggi l’appello completo

Le CLAP hanno deciso di scendere in piazza il 9 novembre perché credono fermamente che le leggi Salvini e Minniti-Orlando siano provvedimenti contro tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori, nativi e migranti. Da sempre sosteniamo che lottare sia l’unico modo per far rispettare i propri diritti e rivendicarne di nuovi. In molti casi, ciò comporta forme di protesta decise, come il picchetto, il blocco stradale e l’occupazione. Ebbene, la legge dell’attuale segretario della Lega, al momento vigente, inasprisce le pene proprio per questo tipo di azioni: viene prevista, infatti, la reclusione fino a 4 anni per chi organizza o promuove “invasioni di terreni o edifici”. Inoltre, viene reintrodotto il reato di blocco stradale (compresa anche l’ostruzione o l’ingombro dei binari), prima sanzionato solo a titolo di illecito amministrativo. Attualmente, tutti i lavoratori che occupano una strada in segno di protesta contro un licenziamento o qualsiasi altro atto ingiusto rischiano fino a 6 anni di reclusione. È chiaro come questi provvedimenti rappresentino un attacco alle forme di organizzazione e di lotta sindacale e per questo ne chiediamo l’abrogazione immediata. Rendere innocue le forme di protesta è proprio quello che vogliono coloro che ci sfruttano, coloro che sulla nostra fatica e sulla nostra pelle macinano guadagni.

Il motto del nostro sindacato è «An Injury to one is an injury to all». È uno slogan ripreso da uno storico sindacato degli Stati Uniti. Vuol dire che siamo un corpo solo e se si colpisce una o uno di noi si colpiscono indiscriminatamente tutti e tutte. Le leggi Salvini e Minniti-Orlando perseguono proprio lo scopo dividere, da una parte gli italiani dall’altra i migranti, da una parte chi può agire diritti da cittadino e dall’altra chi è escluso dall’accesso alle risorse, da una parte chi merita di far parte della comunità e dall’altra chi ne minaccia l’identità. Calpestare i diritti dei migranti, costringerli a vivere una vita di estremo sfruttamento, privati di diritti e documenti, e per questo costretti ad accettare nel ricatto lavori umili, non qualificati, servili, non migliorerà in nessun modo le condizioni di vita degli italiani, ma contribuirà a diminuire i diritti di tutte e tutti. Colpevolizzare i migranti, accusarli di essere la causa dell’andamento verso il basso dei salari e degli stipendi non fa che occultare il vero problema. Veniamo fuori da decenni in cui unico obiettivo di governi e imprese è stato quello di abbassare il costo del lavoro, renderlo povero, precario, indecente, diminuire diritti e salari, per tutte e tutti. Non si salva nessun*. Chiudere gli occhi davanti alle torture in Libia, non salvare la vita dei naufraghi, competere con il nostro collega o amico non farà di certo aumentare i nostri stipendi, non aumenterà le tutele sul lavoro, non accrescerà la qualità delle relazioni nelle organizzazioni. Tantomeno qualificherà i servizi e le opportunità. Come dicevano i sindacalisti americani la nostra lotta è una sola, e si lotta tutti insieme senza distinzioni di colore, genere e provenienza. La complicità tra precari e sfruttati è il nostro scopo principale.

Infine, la libertà di movimento non è solamente un fatto di altruismo e solidarietà, ma è un principio inviolabile. Tutti noi, qualora non volessimo più vivere in un luogo, potremmo un giorno decidere di partire. A muoverci possono essere diverse ragioni: l’amore, la carriera, il lavoro, lo studio, lo stile di vita. E nessuno dovrebbe obbligarci a restare dove non vogliamo rimanere. Invece, il controllo della mobilità umana è di per sé un atto di razzismo, perché assegna poteri che un governo non dovrebbe mai esercitare, ossia decidere chi è degno o meno di vivere in un territorio. Si consente così una drammatica selezione degli esseri umani in base alla ricchezza, alla pelle, al genere. Un potere che, come abbiamo troppo spesso letto sui giornali, sconfina nella pena più dura: la morte. Una condanna inappellabile cui sono soggette persone innocenti che attraversano il mare con il sogno di una vita migliore.

Per tutte queste ragioni le CLAP saranno in piazza il 9 novembre e invitano tutte/i le/i suoi iscritte/i a partecipare alla manifestazione. L’appuntamento è alle ore 14 al Colosseo.

Per ulteriori informazioni non esitate a contattarci.

CLAP – Camere del Lavoro Autonomo e Precario