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23 novembre 2019 | Con la marea in rivolta di Non Una di Meno

19 November 2019

Il 25 novembre è la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Per questo, il prossimo sabato 23 novembre il movimento femminista di Non Una di Meno tornerà a inondare le strade di Roma. Contro la violenza patriarcale e sessista, che sempre si intreccia con la violenza istituzionale, con la violenza economica, con quella razzista e ambientale.

La parola d’ordine quest’anno è “rivolta permanente”. Sono quattro anni, infatti, che il movimento globale è esploso: dall’Europa all’America Latina, dall’Asia all’Africa, al Medio Oriente. Ma la battaglia è ancora lunga e non intende arrestarsi. In Italia, ogni tre giorni una donna viene uccisa, si moltiplicano i casi di violenza domestica, di molestie, discriminazioni e mobbing nei luoghi di lavoro, l’omofobia dilaga e si tacciono le violenze che riguardano le persone trans, lesbiche, gay. I centri antiviolenza laici e femministi, invece di essere potenziati, vengono attaccati, intimati da richieste di sgombero; il diritto all’aborto viene costantemente messo in questione dall’obiezione di coscienza, da politici e organizzazioni pro-life. I dati sulla disoccupazione femminile e sulla disparità salariale sono ancora allarmanti, le politiche criminali sull’immigrazione quotidianamente uccidono e mettono a rischio la vita di migliaia di persone, esponendo in particolare le donne e le persone lesbiche, gay e trans a molteplici forme di violenza. 

È, dunque, rivolta contro le istituzioni – statali, parastatali, economico-finanziarie, familiari – che continuano a perpetrare violenza di genere e sessismo, a uccidere libertà e diritti. È rivolta per trasformare in modo profondo la società, le relazioni. È rivolta per una vita priva di sfruttamento e oppressione, per una vita scelta, libera.

Le CLAP continuano a partecipare a questo processo trasformativo incredibile, decisivo. Lo fanno ribadendo la natura strutturale e politica della violenza maschile e di genere. Riaffermando lo sciopero come diritto dei soggetti e non delle organizzazioni, come arma fondamentale di iniziativa politica in tutti i posti di lavoro dove si affermano come nuovo soggetto di rappresentanza e di conflitto, dentro e fuori le vertenze sindacali. Lo fanno rimettendo al centro le rivendicazioni elaborate nel Piano femminista.

 Ne citiamo alcune, riprendendo l’appello di Non Una di Meno:

  • il lavoro dei centri antiviolenza femministi va riconosciuto, garantito, valorizzato; al contrario gli spazi femministi sono in questo momento sotto attacco, le risorse sempre più vincolate e carenti. Esemplare è quanto sta accadendo qui a Roma a Lucha y Siesta (dopo la Casa Internazionale delle Donne), sotto minaccia di sgombero; e questo a fronte, peraltro, dell’assoluta carenza sul territorio di soluzioni abitative e socio-culturali per supportare le donne che intraprendono percorsi di fuoriuscita dalla violenza; un Centro che ha avuto tantissimi riconoscimenti, anche internazionali, per l’efficacia e l’innovazione del suo intervento;
  • no alla giustizia patriarcale: sebbene il Disegno Di Legge Pillon sia stato al momento sospeso, nelle cause di divorzio e separazione è sempre più frequente l’uso della PAS, la sedicente  “sindrome di alienazione parentale”, per giustificare l’allontanamento dei minori dalle madri; si tratta di un vero e proprio strumento punitivo nei confronti delle donne che si separano, nonché di un deterrente rispetto alle eventuali denunce di violenze domestiche, che deve essere immediatamente estromesso dalle aule dei tribunali; così il Codice Rosso si è rivelato essere una sola operazione d’immagine, prevenire femminicidi e violenze significa potenziare i centri antiviolenza  e l’esperienza femminista che li sostiene;
  • i servizi socio-sanitari pubblici e laici devono garantire la salute e la libera scelta di tutte e tutt*; è necessario potenziare i consultori, la loro gestione da parte delle assemblee delle donne; contro l’ingerenza degli obiettori di coscienza, va garantita l’applicazione della legge 194 in tutte le strutture pubbliche; contraccezione gratuita, educazione sessuale e al rispetto di generi e orientamenti sessuali differenti nelle scuole sono quanto mai indispensabili;
  • l’indipendenza economica è strumento fondamentale non solo per uscire da situazioni di violenza, ma anche per prevenirle; una volta di più in un paese in cui la povertà femminile continua ad aumentare, solo il 48% delle donne lavora, il differenziale salariale di genere complessivo raggiunge quasi il 44%; l’erosione di tutele e diritti non fa che accrescere la ricattabilità e l’esposizione a violenze, molestie e discriminazioni nei luoghi di lavoro; non serve la propaganda, ci vogliono atti concreti: salario minimo europeo, reddito di autodeterminazione svincolato dal nucleo famigliare, dalla prestazione lavorativa e dalla cittadinanza, congedi di maternità, paternità e parentali di uguale durata e retribuiti per entrambi i genitori, estesi a tutte le tipologie contrattuali;
  • solo un welfare universale e gratuito può sostenere l’indipendenza economica garanzia di autonomia e autodeterminazione, liberando dal lavoro sfruttato e sottopagato, redistribuendo alla società il lavoro riproduttivo e di cura (il più delle volte svolto ancora gratuitamente dalle donne o sottopagato e vessato quando formalmente svolto, per lo più da donne migranti);
  • libertà di migrare, libertà da confini e frontiere: contro la guerra messa in campo nei confronti delle e dei migranti, che colpisce doppiamente donne e persone lesbiche, gay, trans, è necessario reclamare un permesso di soggiorno europeo incondizionato, svincolato dalla famiglia, dallo studio, dal lavoro e dal reddito; nonché abrogare i decreti sicurezza e, ancora prima, quello a firma Minniti-Orlando; rivendicare lo ius soli per chi nasce e/o cresce in questo paese;    
  • contro la violenza ambientale e le devastazioni dei territori è decisivo immaginare e reclamare forme alternative di produzione e di riproduzione sociale, fuori dalla logica dello sfruttamento e del profitto.                 

Le CLAP attraverseranno la giornata di mobilitazione del 23 novembre e l’assemblea nazionale del 24 di Non Una di Meno, portando la specificità delle proprie battaglie quotidiane, nei contesti di vita e nei luoghi di lavoro, contro molestie e discriminazioni, sfruttamento e precarietà. Saremo al fianco di Lucha y Siesta, con cui da tempo abbiamo una collaborazione virtuosa e che difendiamo anche facendo parte del suo comitato di sostegno; al fianco di tutti gli spazi femministi, di tutte le donne e le persone lgbt in rivolta contro la violenza di genere. Di qui fino al prossimo sciopero globale dell’8 marzo!