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Renzi ha ragione: il reddito di base è un messaggio «devastante»

6 July 2016 |  Tiziano Trobia

Sarà sicuramente colpa nostra, saremo osservatori poco attenti dei fatti nostrani e avremo la colpa di concentrarci sulle inezie più che sulle cose che contano: continuiamo infatti a vedere e dipingere un paese da «gufi», mentre tutto sembrerebbe essere molto diverso. [Foto di copertina di Vittorio Giannitelli]

Matteo Renzi, dopo lo schiaffo elettorale, gira per l’Europa raccontando del suo salvifico Migration Compact e di come tutti dovrebbero prendere esempio, si gode la sua posizione di leader di un grande paese europeo e sulla Brexit ricopre il ruolo del poliziotto (semi)buono invitando tutti alla calma e dichiarando di voler svolgere un ruolo di ponderata e razionale mediazione tra chi vuole mandare un segnale a tutti, imponendo tempi e condizioni molto dure, e la Gran Bretagna, che tanta fretta non sembrerebbe avere.

Dietro alla solita (s)facciata, si nasconde lo spasmodico desiderio di ottenere dalla Germania qualche briciola, la possibilità di allentare un po’ i cordoni e poter concedere, nella prossima Legge di stabilità, qualche spicciolo lanciato a pioggia per tentare di vincere la battaglia referendaria, trasformatasi in un voto di fiducia o sfiducia popolare: Frau Merkel però, impegnata nella sua di battaglia interna e per tenere a bada i falchi nella CDU e vincere la prossima tornata elettorale, non può certo presentarsi ai suoi elettori, ai quali ha raccontato per anni di essere virtuose formiche assediate da lascive cicale, come la signora dalla manica larga. Una bella gatta da pelare per il fedelissimo Renzi che, fino a oggi, ha interpretato al meglio il ruolo del Wrestel professionista: rumore, pugni sbattuti sui tavoli e zuffe simulate mentre continuava a garantire obbedienza ai diktat dei mercati finanziari europei e alle esigenze tedesche.

In questo quadro, lo “scudo” di 150 miliardi di soldi pubblici (leggi soldi di tutti) da dare alle banche in caso di sofferenza e scongiurare quindi l’attivazione del bail-in (la perdita di denaro da parte di azionisti e correntisti) viene rappresentato come una «vittoria dell’Italia nella battaglia con la Germania»: che siano esclusivamente gli istituti di credito a vincere, anche in questa occasione, è abbastanza chiaro a tutti.

È in un simile scenario che, nell’ultima Direzione del PD, Renzi ha pronunciato delle vibranti e accorate parole contro il reddito di cittadinanza: sarebbe «un messaggio devastante», ha detto, «i Comuni e lo Stato già si occupano di chi è in difficoltà, non si può dare dei soldi per il semplice fatto di essere cittadini». No, non si può garantire dignità alle persone per il semplice fatto di essere cittadini, serve altro.

È possibile affermare, con poca modestia e molta convinzione, che la nostra generazione (i tanto chiacchierati millenials) sia tra le massime esperte di messaggi devastanti, per questo le affermazioni del premier suonano, più che ridicole, offensive: «I giovani si abituassero a fare lavori umili» ci dicevano (Sacconi) nel lontano 2008, come se non ne facessero già da molto tempo. Fannulloni, bamboccioni, choosy, tutti fuoricorso e sognatori, mentre c’è bisogno di un bel bagno di realtà (leggi sfruttamento). Poi arrivano le riforme universitarie che mettono in ginocchio formazione pubblica e ricerca e poi arriva il Jobs Act: per portare finalmente giustizia, bisogna far partire tutti dalle stesse condizioni… precarie.

Bisognerebbe provare a prendere sul serio le parole di Renzi: si tratta effettivamente di un messaggio devastante. Ma per chi?

Il reddito di base, in una fase in cui la crisi ha «sorprendentemente» aumentato la polarizzazione tra i più ricchi e i più poveri, soprattutto in Italia, in un mercato del lavoro in cui si è soggetti deboli e ricattabili, privi di garanzie di continuità occupazionale e, soprattutto, nel paese con i salari più bassi d’Europa, è una misura palesemente efficace e soprattutto in grado di ricomporre le rivendicazioni e le lotte di segmenti del lavoro tra loro distanti. Ma questo lo sanno anche, molto bene, i detrattori di questa misura. Ciò che è poco comprensibile è la resistenza (residuale) che alcuni settori della sinistra ancora manifestano, forse afflitti dallo stesso disturbo distorsivo della realtà che colpisce il Presidente del Consiglio o forse troppo impegnati a difendere le piccolissime rendite nel disastro di questo mercato del lavoro.

Probabilmente serve una bussola per orientarsi nel gioco delle maschere che Renzi ama così tanto, da quando ha spiegato che il Jobs Act è stato ideato per difendere «Marta, la precaria»: la prossima volta che qualcuno dirà che non bisogna rivendicare reddito di cittadinanza ma lavoro, provate a chiedere di che tipo di lavoro si tratta: sottopagato, ricattato, sfruttato, precario, senza prospettive? Se lo tenessero loro quel lavoro, visto che si attendono anche un sentito ringraziamento, forse è il momento di rivendicare dignità in quanto persona, anche (inorridite pure!) svincolando l’erogazione di denaro dall’attività lavorativa.

Sarebbe effettivamente devastante se milioni di persone potessero scegliere un lavoro senza avere un cappio al collo, rifiutando proposte misere, potendosi permettere di valorizzare il proprio percorso formativo o addirittura (inorridite ancora!) le proprie aspirazioni. Sarebbe devastante se milioni di giovani non dovessero aver paura a chiedere un permesso sul lavoro per una visita medica o per un esame, se non dovessero chinare la testa sempre e non accettare ogni gentile richiesta di sforzi in più con la promessa di un domani stabile, se si potessero rifiutare stage e tirocini gratuiti. Sarebbe devastante per tutti quelli che hanno usufruito degli sgravi fiscali con il Jobs Act, per gli amici degli amici.

Disoccupazione 11,6%, disoccupazione giovanile 37%, NEET 25%, salari medi più bassi d’Europa in ogni settore, occupazione in crescita solo per gli over 50, aumento delle famiglie a «rischio povertà assoluta», aumento delle persone sotto la soglia della povertà relativa. Questi sono messaggi devastanti. Per i messaggi edificanti non si può più attendere, né pensare che sarà qualcun altro a mandarli: centimetro dopo centimetro in ogni luogo di lavoro, in tutti i quartieri delle nostre città, organizzare battaglie e rivendicare reddito per tutte e tutti!