Il 12 dicembre è stata una giornata di sciopero del settore custodia e guardiania dell'Università La Sapienza di Roma, indetto da USB e partecipato anche dal comitato auto-organizzato, insieme a CLAP. Durante la mattina sono stati distribuiti volantini che denunciavano le condizioni di lavoro e sfruttamento del mondo degli appalti gestito dal “magnifico rettore” Frati. Durante lo svolgimento della manifestazione degli studenti, che contestavano i rappresentanti del governo Letta, il ministro del Lavoro e il presidente di Confindustria, abbiamo assistito a cariche violente e indiscriminate conto gli studenti. Continueremo a scioperare e lottare insieme agli studenti per la dignità del lavoro e dell'Università pubblica.
Era previsto per martedì 10 dicembre all’Università La Sapienza un incontro con le rappresentanze sindacali dei lavoratori in appalto della National Service che hanno proclamato uno sciopero per il prossimo 12 dicembre. I motivi dello sciopero si inseriscono all’interno di una vertenza che dura oramai da anni sulle condizioni di lavoro degli addetti esternalizzati alla sicurezza. In particolare, qualche settimana fa, è stata recapitata una richiesta di trasferimento nei confronti di una lavoratrice e delegata sindacale dell’USB della National Service, rea di aver denunciato le continue irregolarità dell’azienda.
Contro lo sfruttamento nei centri commerciali, contro il lavoro nei giorni festivi
Alcuni pregiudizi ci impediscono, spesso se non sempre, di capire la realtà, quella del lavoro ad esempio. Quante volte abbiamo sentito dire che il contratto nazionale è, di per sé, una garanzia contro la deregolamentazione del mercato del lavoro e la precarietà? Quante la stessa parola precarietà è stata considerata sinonimo di assenza di regole? Ancora: quante volte il lavoro part time è stato proposto come un'occasione di libertà, soprattutto per le donne, alle quali una perversa indicazione divina attribuisce anche il lavoro domestico e di cura?
Il lavoro del commercio, lo sfruttamento garantito dal contratto nazionale che lo riguarda, la liberalizzazione degli orari e delle aperture introdotte dal decreto Salva-Italia del governo Monti, ma soprattutto i racconti di chi nei grandi centri commerciali lavora, nel segno del ricatto e della precarietà, ci impongono di sbarazzarci dei pregiudizi, di afferrare la realtà per quella che è, di combattere per trasformarla.
Venerdì 29 Novembre vogliamo manifestare, come facemmo lo scorso anno, sotto la sede centrale dell’INPS a Roma, per continuare a denunciare lo scempio del sistema previdenziale italiano e per dire che, oltre a fermare gli aumenti, bisogna ridurre da subito l’aliquota, soprattutto per chi fattura poco e ha redditi bassi.
Il 30 novembre è l’«innominabile data-boia». Coincide, infatti, con il versamento dell’acconto d’imposta, non rateizzabile, di tasse e contributi. Si tratta di un anticipo dei contributi per l’anno 2013 per il quale non è ancora stata fatta la dichiarazione dei redditi. Come dire: “intanto paga, indipendentemente da quanto hai effettivamente lavorato e fatturato, poi si vedrà”.
Per chi è partita Iva, l’aliquota relativa alla gestione separata dell’INPS equivale al 27,72% del fatturato. Altrettanto viene sottratto ai compensi dei collaboratori o dei lavoratori a progetto. Con la nefasta riforma Fornero (legge 92 del 2012), l’aliquota raggiungerà progressivamente (entro il 2018) il 33%. Un furto nelle tasche di chi è intermittente, precario nelle forme di vita e di lavoro.
La stangata, per l’anno 2014, dovrebbe essere congelata. Così dicono il ministro del Lavoro Giovannini e il pacchetto di emendamenti alla Legge di stabilità da lui presentato. Damiano, che da ministro (Prodi bis) è stato tra i maggiori responsabili dell’aumento spropositato dell’aliquota, propone ora un anno di confronto «per affrontare in modo organico il tema della contribuzione e delle tutele delle partite Iva». Troppo poco e troppo tardi.
“Zara, oggi non comprare!”. Questo l’invito rivolto ai consumatori da centinaia di volantini diffusi davanti al megastore Zara di San Babila, a Milano, durante l’orario di punta degli acquisti. A distribuirli sono i facchini della Globo Vs, società che ha gestito per anni i servizi di logistica, pulizia e carico e scarico merci nei vari punti vendita italiani della multinazionale spagnola dell’abbigliamento. Ad agosto Globo Vs èfallita, il titolare è stato arrestato e i 640 dipendenti si sono ritrovati con tre, cinque o sette stipendi non pagati. Zara ha assicurato loro che avrebbero ricevuto arretrati, tfr e altre spettanze entro il 20 settembre, e i facchini hanno continuato a lavorare. Ad oggi, però, le promesse non sono state mantenute: alla società fallita è subentrata una nuova srl – la “101 Servizi” – che ha riassorbito circa 500 lavoratori, ma di salari e tfr arretrati non c’è traccia. Tra l’altro, raccontano i facchini, “abbiamo lavorato per anni con turni massacranti anche di 12 ore consecutive, senza ferie, malattia o feste”. Dei 640 ex dipendenti, circa 120 erano senza permesso di soggiorno: per loro non c’è stata alcuna riassunzione di Maria Elena Scandaliato (da ilfattoquotidiano.it)