Dopo il ‘no’ di Almaviva, arriva quello di Alitalia. I lavoratori e le lavoratrici respingono un accordo lacrime e sangue confezionato dal Governo e dai sindacati confederali, dopo un mese e mezzo di intensa mobilitazione sindacale . Ogni ristrutturazione di Alitalia, a cominciare dalla privatizzazione, è stata pagata dai lavoratori e dai cittadini, socializzando le perdite e privatizzando i profitti, un risultato dell’incapacità e del carattere predatori del grande capitalismo italiano e della politica di ogni colore. Con dignità e coraggio è stato bocciato un piano fatto di licenziamenti, peggioramento delle condizioni di lavoro e salariali. Governo, azienda e Cgil-Cisl-Uil, sicuri del risultato, hanno scompostamente attaccato il comportamento di lavoratori. Ora il 12 maggio un nuovo sciopero indetto dal sindacalismo di base.
Ogni tanto, tra le mille battaglie che quotidianamente portiamo avanti nel mondo del lavoro, arriva una bella notizia. Una piccola ma importante vittoria che apre spazi di possibilità e restituisce ossigeno, che ripaga mesi di sforzi e indica, se ce ne fosse bisogno, che solo la lotta, tenace e coraggiosa, paga.
«Se le nostre vite non valgono, non produciamo»! Nei mesi scorsi queste parole hanno vibrato con forza: nel corso degli Scioperi delle donne Argentine contro la violenza di genere, in Polonia contro il divieto di aborto, in Islanda e Francia contro le disparità salariali, passando per le manifestazioni oceaniche contro Trump.
Dopo ben due anni di presidi sotto l’INPS e il Ministero del Lavoro, speakers’ corner, incontri e campagne, i dottorandi, gli assegnisti di ricerca e gli specializzandi in medicina avranno finalmente lo stesso trattamento di tutti gli altri collaboratori in tema di ammortizzatori sociali: nessuno/a riceverà più un euro! Nel cosiddetto decreto “Milleproroghe” (DL 224/2016) varato dal Consiglio dei Ministri il 30 dicembre 2016, come confermato venerdì scorso dall’INPS, non è infatti previsto lo stanziamento dei fondi necessari per l’estensione della Dis-coll al 2017, lasciando scoperti migliaia di lavoratori e lavoratrici occupati/e con tali contratti di collaborazione.
La Cassazione con la sentenza n. 25201 del 7 dicembre 2016 ha accolto il ricorso proposto dalla società Riva del sole Spa contro la decisione della Corte di Appello di Firenze, che aveva dichiarato illegittimo il licenziamento intimato nei confronti di un dipendente della società in quanto “motivato soltanto dalla riduzione dei costi e, quindi, dal mero incremento del profitto”. Ribaltando la pronuncia di secondo grado, la Suprema Corte afferma che la soppressione di un’individuata posizione lavorativa potrà essere giustificata anche solo dalla ricerca di un incremento della redditività dell’impresa. Nel testo che segue le CLAP analizzano tale sentenza, rilevandone le criticità e avvertendone la pericolosità dei suoi contenuti, anche sotto il profilo costituzionale.