ANPAL Servizi

ANPAL Servizi | Lettera aperta: 8 marzo, sciopero per tutte e tutti

3 March 2022

Anche quest’anno il movimento Non Una di Meno ha chiamato per la giornata dell’8 marzo lo sciopero femminista e transfemminista, mettendo al centro della riflessione e come terreno di lotta prioritario la violenza sistemica che si esprime in forme sempre più evidenti, e con sempre maggiore rimozione nel discorso pubblico, verso le donne e le libere soggettività.

Quest’anno, la giornata internazionale dell’8 marzo, cade in un quadro politico, economico e sociale nuovo. Mentre, da un lato, siamo ancora immerse in una pandemia ancora non del tutto risolta, nonostante le vaccinazioni e il miglioramento delle capacità terapeutiche, dall’altro, si alzano venti di guerra che ci preoccupano e che condanniamo fermamente.

Come CLAP, oltre ad indire lo sciopero per l’intera giornata, sentiamo la necessità di portare il nostro contributo, consapevoli che si tratta di un percorso che non si conclude in quella data, ma che ha bisogno di momenti ariosi, di tempi lunghi, che vanno innanzitutto fatti vivere all’interno dei luoghi in cui, diversamente impiegate, lavoriamo, sostenendo la massima partecipazione dell’intera comunità professionale ed evidenziando i temi sindacali agitati negli ultimi anni.

Siamo immerse in un tempo “sospeso”, in cui è sempre più complesso trovare le parole per nominare i nostri vissuti e le nostre condizioni; in cui sentiamo come necessità quella della riappropriazione del nostro ordine del discorso, del nostro tempo, della materialità delle nostre vite, che siano al lavoro, nello spazio domestico, nei luoghi che attraversiamo. Crediamo che sia importante inchiestare la nostra condizione, parlarsi, condividere, prendere parola pubblicamente per formulare rivendicazioni, individuare terreni di lotta concreti e generalizzabili, in un tempo di emergenza divenuta oramai strutturale per la nostra vita.

Ci preoccupano gli studi sullo stress e sul malessere delle donne in relazione al lavoro provocati dalla crisi sanitaria, dalla gestione dei carichi di cura, dalla rinuncia al lavoro e alla carriera, dalla solitudine, dalla sovrarappresentazione nell’accesso alle pur insufficienti misure di conciliazione. Cosa, quest’ultima, che non ci parla di distribuzione del carico di cura e della fatica, non di equilibrio tra vita e lavoro, non di riappropriazione del tempo, così come pensavamo sarebbe accaduto anche con una modalità di lavoro più flessibile. Sappiamo, dunque, che non è andata così, ed è per questo che riteniamo che questi aspetti debbano essere tenuti in conto nella negoziazione sullo Smart Working che ci apprestiamo a fare.

Ci preoccupano i dati sulla violenza, sui femminicidi e sulle aggressioni omofobe e transfobiche, cresciute in maniera esponenziale in questi due anni. Così come quelli sulle molestie e discriminazioni nel mondo del lavoro.

Ci preoccupa un ritorno alla “normalità” che è composto molto spesso per le donne da precarietà, lavoro dequalificato, sfruttamento, violenza.

Le disparità di genere nel mercato del lavoro non sono una novità, esistevano già prima dell’emergenza sanitaria. Tuttavia, la pandemia ha penalizzato ancora di più le donne a causa degli accresciuti carichi di cura familiari e alla già nota condizione di fragilità occupazionale, soprattutto in settori in sofferenza caratterizzati per lo più dalla inconsistenza delle tutele e dall’instabilità delle condizioni contrattuali. Tanto che nei paesi anglosassoni si è parlato di Shecession, ovvero di recessione tutta al femminile causata dalla crisi in corso, che ha colpito più le donne degli uomini.

Anche adesso che assistiamo a questa instabile ripresa economica, i dati ISTAT ci raccontano che la risalita occupazionale non è trainata dal lavoro stabile: a dicembre 2021 il livello di occupazione femminile è pari al 50,5% in più rispetto all’anno precedente, uno dei valori più alti nella storia del nostro Paese, con un aumento di circa 377mila unità. Ma se si va nel dettaglio, emerge che il balzo dell’occupazione femminile dipende quasi esclusivamente da contratti a termine e si accompagna ad un calo di quella maschile e degli autonomi per lo stesso periodo. A dicembre scorso in Italia le donne occupate sono 9 milioni 650mila e gli uomini 13,1 milioni, con una forbice che resta piuttosto pronunciata. Se guardiamo alle retribuzioni, i dati ISTAT rilevano che la retribuzione oraria è pari a 15,2 euro per le donne e a 16,2 euro per gli uomini, con un differenziale di genere più alto tra dirigenti (27,3%) e laureati (18%).

A livello nazionale, il rilancio dell’occupazione femminile rappresenta uno dei pilastri della strategia di crescita del Paese. Il PNRR ha stanziato 40 miliardi di euro da investire in programmi per lo sviluppo dell’imprenditoria femminile (es. Fondo impresa donna) e in azioni per mitigare il gender pay gap attraverso la definizione di un Sistema nazionale di certificazione della parità di genere. Nella Legge di Bilancio 2022 sono state adottate diverse iniziative per incentivare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro e ridurre le diseguaglianze di genere (esoneri contributivi per assunzioni, sostegno all’imprenditoria femminile, etc.).  Lo scorso dicembre è entrata in vigore la legge sulla parità salariale (L. 162/2021) che modifica il Codice delle pari opportunità (Dlgs 198/2006) con l’obiettivo di rafforzare la tutela delle pari opportunità in ambito lavorativo.

Tuttavia, temiamo che le strategie messe in campo siano inadeguate se non si mette a tema seriamente la critica alla violenza sistemica e alla riproduzione delle disparità che sostengono l’impianto patriarcale, familista e fortemente selettivo delle misure pubbliche. Oltre ad interventi sulla disparità salariale, serve un complessivo ripensamento delle istituzioni del welfare. Sono necessari interventi in grado di assicurare una più equa distribuzione dei carichi di cura, un potenziamento dei servizi, anche di prossimità, e dei centri antiviolenza, interventi di sostegno all’indipendenza economica per la fuoriuscita dal ricatto del lavoro povero, non dignitoso e da condizioni di segregazione, invisibilizzazione, violenza, solitudine.

Come operatrici delle politiche attive del lavoro crediamo che questi temi debbano essere centrali nella riflessione collettiva sindacale di tutte le lavoratrici e i lavoratori dell’azienda, per questo riteniamo che vadano discussi a partire da piattaforme di rivendicazione sindacale condivise, allo scopo di aprire stagioni di lotta comuni con altre lavoratrici della pubblica amministrazione, delle agenzie partecipate, della scuola, dei servizi esternalizzati.

Riteniamo che nella nostra azienda i terreni di confronto urgenti siano:

  • l’accordo sullo Smart Working, non in modalità emergenziale. Lo stato di emergenza proclamato dal Governo scadrà il 31 marzo 2022, riteniamo sia assolutamente prioritario incardinare immediatamente il negoziato sul funzionamento dello Smart Working come modalità di lavoro strutturale. In questo quadro, sarebbe inopportuna una convocazione a ridosso della scadenza dello stato di emergenza, poiché sarebbe inaccettabile comprimere eccessivamente i tempi di una corretta fase di negoziazione. Dopo diverse nostre richieste urgenti di incontro, il management non ha ancora convocato le OO.SS. su questo tema. È pertanto necessario avviare tempestivamente un confronto trasparente e partecipato con l’azienda a partire dai risultati dell’indagine “Lavoro fuori contesto”, promossa da CLAP e FABI e di cui diffonderemo nei prossimi giorni i risultati. Un patrimonio informativo fondamentale dal momento che si tratta dell’unica indagine sul tema che ha coinvolto quasi 500 lavoratrici e lavoratori. Il negoziato dovrà prevedere, auspichiamo, una migliore organizzazione e qualità del lavoro; pertanto, riteniamo sia necessaria l’approvazione dell’accordo mediante un referendum tra le lavoratrici e i lavoratori;
  • il tema del gender gap che è all’attenzione delle politiche pubbliche, che ha a che fare direttamente non solo con i salari, ma anche con le misure di welfare e di conciliazione, gli inquadramenti, la formazione, la valutazione. Su questo aspetto specifico stiamo producendo un webinar aperto a tutta la comunità professionale, perché è tematica che ci riguarda da vicino: i dati che emergono nell’Informativa sindacale semestrale sui dipendenti al 31 dicembre 2021 sono allarmanti. Inconcepibili per un’agenzia pubblica che promuove programmi sulla parità di genere e che viceversa riproduce una cultura fortemente patriarcale e discriminante. La nostra comunità professionale è prevalentemente composta da donne: le lavoratrici sono quasi il 70% del totale dei dipendenti e circa il 70% di esse è inquadrato nei livelli medio bassi (c, d, e); è palese la sproporzione degli inquadramenti nei ruoli di maggiore responsabilità delle donne (livelli A e B) fino ad arrivare ai ruoli apicali in cui il totale delle posizioni dirigenziali è occupato da uomini (100%). Inoltre, le lavoratrici occupano la quasi totalità delle misure di conciliazione esistenti. La forte disparità nelle dinamiche di carriera a svantaggio delle lavoratrici, dunque produce inevitabilmente il riflesso di una disparità salariale dentro l’azienda non più sostenibile;
  • nell’ambito del rinnovo della parte normativa del contratto, l’introduzione di istituti di conciliazione avanzati per tutti i lavoratori e le lavoratrici nell’ottica del riequilibrio tra tempo di vita, carichi di cura e lavoro;
  • la convocazione del Gruppo di lavoro paritetico, previsto dall’art. 44 del CCAL, perché acquisisca la centralità che merita rispetto ai temi di cui si occupa, pari opportunità e conciliazione tempi di vita e di lavoro.

Nei prossimi giorni, forniremo indicazioni, attraverso un vademecum, su come rendere visibile lo sciopero in regime di Smart Working.

Di seguito, la prima CLAP news ANPAL Servizi #1 verso lo sciopero dell’8 marzo:

Adesione allo sciopero dell’8 marzo | CLAP ANPAL Servizi