Con l’arrivo dell’estate ci troviamo alle spalle un altro anno di pandemia, di lavoro a intermittenza che ora c’è e ora non c’è più, nello stesso tempo troppo e troppo poco. Un altro anno di problemi vecchi e nuovi legati anche alla cura e alla salute, alla solitudine e all’isolamento.
Un anno in cui abbiamo continuato a sperimentare nuovi percorsi di lotta sindacale: con operatrici e operatori sanitari, con le precarie e i precari della pubblica amministrazione, con le lavoratrici e i lavoratori dello spettacolo, e tante e tanti altri. Abbiamo continuato ad approfondire e studiare, perché si sa la lotta è dura e serve tutta la nostra intelligenza, privilegiando il sapere vivo che emerge con le auto-inchieste come quelle che abbiamo realizzato sullo Smart Working (in ANPAL Servizi e in SOGESID) e il suo impatto sul nostro lavoro e sulle nostre vite, o quella in via di conclusione e relativa al comparto dello spettacolo.
Ci siamo federati con altre organizzazioni sindacali conflittuali radicate in altre città e regioni del Paese, e fondato RISP – Rete Intersindacale Professionist* Spettacolo. Per dare gambe alle piazze e portare le rivendicazioni di chi si è organizzato dal basso fino a quei tavoli che il Governo riserva a CGIL, CISL e UIL.
Si è anche moltiplicata l’attività degli sportelli, per ricevere informazioni e assistenza fiscale, previdenziale, legale e ovviamente sindacale.
All’inizio della pandemia, dicevamo che non saremmo voluti tornare alla normalità perché in quella normalità, del capitalismo e delle sue crisi permanenti, nasceva il problema. Oggi lo scontro tra capitale e lavoro sta trovando la sua sintesi e il suo punto di equilibrio – almeno così pare, così raccontano – nel governo delle larghe intese.
E in mezzo ci siamo noi. Come un numero sui bollettini ISTAT che contano 900mila posti di lavoro già persi e centinaia di migliaia che se ne perderanno con la fine del blocco dei licenziamenti. Ci siamo noi che non sappiamo di quale Cassa integrazione dobbiamo morire, di quanti mesi sarà prorogato il REM o le varie indennità.
Ci siamo noi che ,se abbiamo la sfortuna di avere tutti i requisiti necessari per il Reddito di Cittadinanza, probabilmente verremo obbligati a lavori socialmente utili o ad accettare qualunque offerta di lavoro (tipo pulizie in albergo, a Rimini, 12 ore al giorno 400 euro a settimana con il sorriso sulle labbra).
Ma i giochi non sono fatti. La nostra cassetta degli attrezzi è sempre più fornita. Le reti si stringono, le idee si mettono a fuoco, vertenze e mobilitazioni proseguono nonostante l’incalzare delle politiche neoliberali fuori tempo massimo e e l’arroganza dell’establishment economico tutto; nonostante l’utilizzo intollerabile, da parte delle aziende della logistica, di vere e proprie squadracce di picchiatori a pagamento contro i lavoratori in picchetto.